Italia

Una giornata di studi e un docufilm sugli emigrati italiani in Germania

VERONA – Settant’anni fa, nel dicembre del 1955, veniva firmato l’accordo italo-tedesco sul lavoro che avrebbe dato il via ad un vero e proprio esodo di italiani in Germania. Per ricordare quell’intesa – firmata il 20 dicembre del ’55 – si terrà domani (mercoledì 3 dicembre) a Verona, una giornata di studi e cinema promossa dal Comune di Verona in collaborazione con il Mei – Museo Nazionale dell’Emigrazione Italiana.

La ricorrenza non è solo l’anniversario di un documento diplomatico, ma il ricordo di un capitolo umano che ha segnato profondamente la vita di centinaia di migliaia di persone e ha contribuito a costruire un’identità europea condivisa. Quel protocollo di lavoro ha infatti dato il via ad una migrazione significativa: grazie ad esso, tra il 1955 e la metà degli anni ’70, oltre 500.000 italiani furono assunti nella Germania Ovest. Molti di loro tornarono in Italia, ma una parte si stabilì definitivamente, dando vita a comunità italo-tedesche tuttora vive e radicate.

La commemorazione di tale atto (“Accordo fra la Repubblica Italiana e la Repubblica Federale di Germania per il reclutamento e il collocamento di manodopera italiana”), che si svolgerà nel suggestivo Palazzo della Gran Guardia, si articolerà in due momenti: un convegno mattutino e la prima nazionale del documentario “Un sogno italiano”, prodotto da Orisa Produzioni, nel pomeriggio.

L’anniversario invita a ripercorrere le storie di chi partì dall’Italia, e anche da Verona, verso la Germania del dopoguerra, contribuendo alla ricostruzione di entrambi i Paesi e ponendo le basi di quella che oggi riconosciamo come cittadinanza europea. Un evento quanto mai significativo per Verona, gemellata con Monaco di Baviera, legame che rende ancora più profondo il valore di questa ricorrenza e del dialogo italo-tedesco che sarà ricostruito durante l’incontro. Nel corso del convegno, in orario mattutino, gli interventi dei relatori (nomi e titoli degli interventi sono disponibili nella locandina qui sotto: cliccare per ingrandirla) offriranno una lettura articolata e multidisciplinare dell’emigrazione italiana verso la Germania, intrecciando storia, archivi, testimonianze e nuove mobilità.

Il pomeriggio sarà invece dedicato alla dimensione narrativa e cinematografica dell’emigrazione italiana, con la prima nazionale del documentario “Un sogno italiano” (Orisa Produzioni), che ripercorre la storia di tanti italiani che dagli anni ’50 hanno lasciato i loro paesi e le loro famiglie per imbarcarsi in un’avventura sconosciuta che li avrebbe portati a contribuire alla crescita stessa della Germania. Anticiperanno la proiezione gli interventi di Fausto Caviglia (regista), Cristiano Bortone (produttore), Antonio Padovani (co-produttore). Quindi, dopo il docufilm ci sarà spazio per una riflessione comune: un’occasione per riflettere insieme sulle radici dell’emigrazione italiana e sul suo lascito europeo, ma anche sulle nuove forme di mobilità che oggi uniscono Italia e Germania in un dialogo profondo e duraturo. Un dialogo fra due Paesi spesso uniti da un destino a volte tragico ma a volte, come in questo caso, foriero di speranza.

“Quando papà tornava…”: il toccante ricordo di Agata De Nuccio

VERONA – Tra i tanti emigrati in Germania, c’erano anche Luciano De Nuccio (classe 1923) e Luigi De Nuccio (classe 1927), rispettivamente padre e zio di Agata De Nuccio, poetessa e scrittrice veronese, che ci ha inviato questo toccante ricordo di quando, lei bambina, il papà e lo zio tornavano a casa per qualche giorno.

“Il suono del clacson, ancora oggi è un richiamo familiare per me. Annunciava il ritorno a casa degli emigranti. Chi sbucava dai cortili, chi era già in strada, chi si precipitava fuori dalla cucina, asciugandosi le mani sul grembiule. E io? Io, cercavo l’incarto argentato dell’ultima cioccolata, conservato gelosamente in una scatola. Da bambina mi divertivo  a fare un anello, e dicevo a tutti che era vero. Era una bugia… e lo sapevo ma era l’unica cosa bella che possedevo. Ricordo ancora il sapore di quella cioccolata, amaro, di quando mio padre ripartiva, amaro, come la solitudine di tutte le donne, di terra e di mare, donne silenziose, colonne di forza, madri coraggio, che hanno sfidato le onde dell’assenza e hanno trovato la forza di andare avanti, donne che hanno sostenuto un’intera comunità, a loro devo tutto!”.

“E rileggendo il mio scritto – ha aggiunto Agata, nell’inviarci il suo ricordo – qualche lacrimuccia mi scende…”.

Nella foto sopra, uno dei “ritorni” di Luciano De Nuccio: Agata è la bimba a sinistra (accanto alla ragazza con l’innaffiatoio) e suo papà è l’ultimo a destra: correva l’anno 1973. Qui sotto, Agata De Nuccio oggi

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