Cultura

L’italiano a Toronto,
favola lunga quarant’anni

TORONTO – Nel mio primo intervento dedicato all’italiano a Toronto, notavo come per molti, troppi, anni, alcuni/e studiosi/e hanno monopolizzato la scena della locale ricerca linguistica (e ancora, purtroppo, all’ora attuale, altri insistono sulla stessa via) con disinvolte ipotesi di presunte varietà idiomatiche originatesi dall’incontro tra dialetti (e, all’occorrenza, lingua italiana) degli immigrati e inglese, dando luogo a teorie molto dubbiose, basandosi su qualche storpiatura lessicale che sicuramente doveva uscire dalla bocca di italiani che mal masticavano l’inglese.

L’idea ricorrente era (ed è ancora, per alcuni) che una nuova lingua fosse nata in seno alla comunità italiana di Toronto. Ora, senza voler annoiare i miei pochi lettori con nozioni troppo elaborate per un articolo giornalistico, la linguistica è una scienza che, seppur non esatta, ha le sue regole e, che lo si creda o meno, dei criteri rigorosi che permettono di stabilire con una certa validità se e quando nasce un nuovo idioma dal contatto tra lingue.

In genere si distinguono quattro fasi: una fase gergale; una fase di pidgin (divisibile in due sotto-fasi, la seconda più avanzata della prima); in ultimo, la fase dove si ha un creolo. Le prime due (o tre) non sono utilizzate da madrelingua, ma appartengono a generazioni che, per ragioni legate a flussi immigratori o, inversamente, a colonizzazioni, si ritrovano a dover interagire con una lingua dominante; un’interazione che può appunto dar luogo a sistemi linguistici con un lessico e una struttura grammaticale elementare.

Se un pidgin si mantiene da una generazione a quella successiva, diviene allora un creolo. Attenendoci a queste concise (ma chiare) linee guida, possiamo affermare che nella comunità italiana non si è mai utilizzata e parlata una lingua che non fosse l’italiano, un dialetto o l’inglese.

Circa quarant’anni fa, tuttavia, cominciarono ad affiorare teorie convinte dell’esistenza di un’altra entità linguistica presente tra gli italiani di Toronto. È probabile che l’impulso a queste “ricerche” venisse da un contesto socio-linguistico favorevole: si trattava degli anni in cui, in Europa, sulla scia delle rivendicazioni localiste degli anni settanta, si cominciavano ad affermare diverse autonomie linguistiche con una conseguente riabilitazione di dialetti e lingue minoritarie. Una tendenza che se, da una parte, era certo sacrosanta nell’affermazione di realtà idiomatiche fino allora schiacciate dal peso di lingue nazionali e officiali, dall’altra, dava libero sfogo alle più fantasiose rivendicazioni linguistiche.

L’italianismo locale aveva dunque prodotto un certo numero di “studi” su questo “fenomeno” di contatto linguistico e, tutto sommato, tale produzione, contestualizzata nella tendenza storica sopra abbozzata, sarebbe anche comprensibile; meno comprensibile è che ci si ostini ancora oggi a parlarne in sedi accademiche.

I saggi dedicati all’argomento sono in genere deboli, senza nessun elemento concreto comprovante l’esistenza di una nuova lingua. Ancor più deboli, certe banche dati lessicografiche in cui vengono raccolte quelle che non sono altro delle storpiature di parole inglesi, materiale utile forse per qualche commedia, ma niente di più.

Comprensibile sarebbe anche un certo senso di rivalsa, un sentimento di orgoglio, l’idea di un’identità autonoma, diversa da quella italiana e, al tempo stesso, da quella canadese, da esprimere con una lingua propria, nuova, nata dall’immigrazione, nata da un ambiente di sacrifici e lontananza dalla patria: una favola che facesse dimenticare o rendesse più accettabile un periodo di difficile adattamento a una nuova patria e di ignoranza.

Tuttavia, immaginare che sia nato un nuovo idioma da un manipolo di parole inglesi deformate è una discutibile operazione scientifica e non rende certo onore ai nostri immigrati.

Come ho già avuto modo di scrivere qualche mese fa, si strappa certo la risata, si provoca qualche nostalgico pseudo-ricordo, ma non si racconta la vera presenza linguistica italiana a Toronto.

Franco Pierno

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