La pandemia Covid è arrivata inattesa. Come reazione, il lavoro a distanza è stato organizzato in fretta e furia, improvvisato, un intervento d’emergenza temporanea. Perdurando invece, ha finito per sfasciare lo spirito di gruppo aziendale, isolando i singoli quando agli effetti pratici il “gruppo” non c’è più.

Le imprese cominciano a porsi il problema di come mantenere tra i dipendenti il necessario – o almeno molto utile – senso di appartenenza. C’è ormai un fiorire di iniziative intese a mantenere almeno un simulacro di vita aziendale, riproducendo a distanza le interazioni sociali che “prima” si svolgevano davanti alla macchina del caffè o aspettando di avere accesso alla fotocopiatrice.

La prima crisi di socialità si è fatta sentire con i mancati festeggiamenti per il Natale. Quello che era un momento di assoluta eccezionalità è ormai regola e non pare passerà presto. È diventato vitale creare almeno l’illusione che i dipendenti si conoscano tra loro, che si facciano un’idea di chi sono i colleghi con cui lavorano.

Gli strumenti che si stanno sperimentando partono dai quiz a premi online, dal Bingo alle cacce al tesoro in casa (“Chi è il primo a farci vedere un vaso cinese?”), ai lunch virtuali dove i colleghi si accordano per consumare il pasto “insieme” in via telematica. Classi di yoga e di meditazione – sempre virtuali – sono ormai all’ordine del giorno.

Un’iniziativa particolarmente curiosa, di una società inglese, è “Guess the fridge”, dove i partecipanti indovinano in base all’immagine dell’interno di un frigorifero chi sia il proprietario. L’idea è carina e forse efficace, ma ci sarà mai qualcuno che non avrà pensato prima di togliere di mezzo la bottiglia di vodka e gli avanzi un po’ troppo “avanzati”? E poi, bisogna conoscersi già per rispondere alla domanda implicita di “Chi è tra noi che terrebbe in frigo solo dei vasetti di yogurt greco?”. Non esiste in tutto questo il meccanismo per assorbire i nuovi arrivati, e forse nemmeno il modo di conoscere veramente le persone per come sono ogni giorno.

No, i giochini online non sono la stessa cosa del contatto “reale”. Sono un’imitazione molto pallida, ma sono “ciò che passa il convento” per ora.

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