Il Covid-19 in Italia

In Italia 16.168 nuovi contagiati
e 469 vittime

ROMA – La terza ondata della pandemia di Covid, in Italia, ha fatto ieri registrare altri 16.168 nuovi contagi e 469 morti che portano a 115.557 il totale dei decessi dall’inizio dell’emergenza. Nelle trascorse 24 ore sono stati processati 334.766 tamponi – su tutto il territorio nazionale – con l’indice di positività salito al 4,8%.

I pazienti Covid ricoverati nei reparti ospedalieri di terapia intensiva erano ieri 3.490, ossia 36 in meno rispetto a martedì, con 216 ingressi giornalieri. I guariti sono in tutto 3.178.976.

La regione che ha fatto segnare ieri l’incremento più alto di nuovi casi è stata la Campania con 2.212, seguita dalla Lombardia con 2.153 neo positivi. Nel frattempo, sul campo della ricerca scientifica, si è scoperto che gli anticorpi neutralizzanti contro il coronavirus – nei pazienti guariti, dopo aver contratto la malattia – erano ancora attivi ad undici mesi dall’infezione.

È quanto emerge da una ricerca realizzata dal laboratorio di virologia dell’Istituto nazionale malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma e pubblicata sulla rivista Viruses. Gli anticorpi contro il Covid – si legge nel rapporto – “sono ancora presenti a livelli consistenti”.

I ricercatori del laboratorio di Virologia hanno analizzato – nei mesi intercorsi tra febbraio 2020 e gennaio 2021 – ben 763 campioni di siero provenienti da 662 malati di Covid- 19, prelevati durante il ricovero allo Spallanzani o dopo il superamento dell’infezione.

“Questi campioni sono stati quindi sottoposti a sieroneutralizzazione, tecnica virologica classica – spiegano i ricercatori – con la quale si verifica la capacità dei campioni ematici di neutralizzare il virus vivo e che rappresenta il ’gold standard’ per la determinazione dell’efficacia protettiva degli anticorpi, essendo più precisa ed affidabile della tecnica degli pseudovirus alla quale molti gruppi di ricerca oggi ricorrono, soprattutto quelli che non dispongono di laboratori di biosicurezza quali quelli presenti presso l’Inmi”.

Dalla ricerca è emerso “anzitutto che i livelli di anticorpi neutralizzanti sono più elevati nelle persone di età superiore ai 60 anni e tanto più elevati quanto più severi sono stati i sintomi respiratori manifestati dai pazienti – osserva lo studio -. I livelli più elevati sono stati raggiunti dai pazienti che manifestavano la cosiddetta Ards, o Acute Respiratory Distress Syndrome, con una P/F ratio, ossia il rapporto tra la pressione dell’ossigeno nel sangue arterioso e la percentuale di ossigeno inspirata dal paziente, inferiore a 200 mmHg”.

L’aspetto più significativo della ricerca è stata tuttavia la conferma che la maggior parte dei pazienti – seguiti per almeno sei mesi e per un massimo di undici mesi – “ha mantenuto un livello consistente di anticorpi neutralizzanti” precisano i ricercatori.

“Nel 60% circa dei casi seguiti gli anticorpi neutralizzanti hanno raggiunto il picco tra uno e due mesi dopo l’infezione, hanno subito un lieve calo tra i due e i tre mesi e successivamente sono rimasti stabili sino a undici mesi dopo l’infezione. Nel 24% dei casi gli anticorpi hanno manifestato un trend di discesa continua, senza tuttavia arrivare mai al livello di non essere rilevabili. Nel 15% circa dei casi, infine, gli anticorpi neutralizzanti hanno evidenziato un trend opposto, di incremento nel corso del periodo osservato”.

Ma i dati che emergono dalla ricerca sono importanti “soprattutto dal punto di vista epidemiologico, perché forniscono supporto all’ipotesi che la durata della protezione, conferita dall’infezione naturale e dai vaccini possa andare oltre gli otto-dieci mesi sino ad oggi ipotizzati dalla letteratura sull’argomento”, concludono gli scienziati.

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