TORONTO - Il primo segnale è positivo. Justin Trudeau ha deciso di rimettere le mani sul caos immigrazione con la sostituzione dell’ormai ex ministro Ahmed Hussen e la promozione al delicatissimo incarico di Marco Mendicino.
Il Corriere Canadese negli ultimi due anni ha denunciato con forza le incongruenze sistematiche nella gestione dei flussi migratori da parte dell’esecutivo, chiedendo conto al ministro incaricato delle falle, delle contraddizioni e dei problemi endemici che hanno zavorrato il settore dell’immigrazione nel nostro Paese.
La nostra inchiesta delle ultime due settimane ha documentato con numeri, dati e statistiche - il tutto fornito direttamente dal ministero dell’Immigrazione - il pessimo stato di salute dell’intero sistema, l’assurdità dei risultati prodotti, gli squilibri sui Paesi e le aree geografiche di provenienza degli immigrati, i cervellotici ostacoli burocratici, linguistici e regolamentari dell’Express Entry.
La domanda è stata molto semplice: il sistema attualmente in vigore è in grado di fornire un forza lavoro formata e qualificata di fronte alle esigenze del mercato occupazionale canadese? La risposta è stata altrettanto semplice: assolutamente no.
Così come è strutturato, il sistema stesso bada più alla cittadinanza dei nuovi arrivati che alla preparazione professionale, all’esperienza lavorativa e soprattutto ai requisiti richiesti dalle aziende e dalle imprese canadesi.
Va da sé che serve voltare pagina, intervenendo con modifiche strutturali significative - e non semplici operazioni di maquillage - e se non fosse suciente allora si dovrebbe andare alla completa abrogazione dell’Express Entry, entrata in vigore nel gennaio del 2015 per volontà degli ex ministri conservatori del governo Harper, Jason Kenney e Chris Alexander.
È del tutto evidente che anche il primo ministro non sia rimasto troppo soddisfatto del lavoro svolto da Ahmed Hussen in due anni e mezzo di mandato. La sua bocciatura - da pedina chiave del governo a ministro senza portafoglio delle Famiglie - non ha bisogno di commenti ulteriori: Trudeau si è reso conto che la gestione dei flussi migratori nella precedente legislatura ha rappresentato un punto di debolezza nell’azione di governo, una fonte di polemiche e spaccature interne e un motivo di frizione con molte comunità, a partire da quella italocanadese.
La nomina di Mendicino, deputato di origine italiana di Eglinton-Lawrence, rappresenta una risposta chiara e precisa alle lamentele alle quali abbiamo dato spazio - e che abbiamo sostenuto - per l’operato di Hussen.
Detto questo, bisogna evidenziare come a nostro avviso la decisione di nominare Mendicino ministro dell’Immigrazione, dei Rifugiati e della Cittadinanza non rappresenti aatto un punto di arrivo, ma un punto di partenza.
Perché il ministro di origine italiana si troverà davanti una mole di lavoro gigantesca e numerosi nodi da sciogliere: l’Express Entry, come abbiamo detto, ma anche la spinosa questione dei lavoratori stranieri senza documenti - “risolta” dal suo predecessore con una cinica alzata di spalle - le incongruenze del sistema dei ricongiungimenti familiari, quelle delle sbrigative deportazioni che violano qualsiasi principio di buon senso e il delicato rapporto con le varie Province. Che a volte, è giusto sottolinearlo, ci mettono anche del loro.
Basta guardare cosa è successo in Ontario, dove il premier Doug Ford dopo la vittoria del 2018 ebbe la “brillante idea”- una delle tante, a dire la verità - di abrogare la figura di ministro provinciale dell’Immigrazione e di adarne le competenze al ministro per i Bambini e i Servizi Comunitari e Sociali, carica attualmente detenuta da Lisa MacLeod.
Quindi, nell’augurare buon lavoro al nuovo ministro, chiediamo anche che il governo abbia la forza di voltare pagina sul fronte immigrazione per far sì che questa ritorni ad essere uno dei punti di forza della crescita economica, sociale e demografica del nostro Paese.