TORONTO - Quasi un milione di giovani in fuga dal Meridione negli ultimi 16 anni.
È questo uno dati più sconvolgenti del rapporto Svimez 2018, presentato ieri, che
scatta un’istantanea estremamente preoccupante sulla situazione
del Sud Italia. Stando allo studio condotto dall’associazione per lo Sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno,dal 2001 circa 1 milione e 883mila persone hanno lasciato il Mezzogiorno: la metà era di età compresa tra i 15 e i 34 anni. Oltre 301mila persone (pari al 16 per cento) hanno deciso di emigrare all’estero e solo una frazione del tutto marginale è riuscita ad arrivare in Canada, anche a causa delle pesanti restrizioni imposte dal precedente governo Harper e dagli ex ministri dell’Immigrazione Jason Kenney e Chris Alexander contenute nell’Express Entry. Un sistema questo che nemmeno l’attuale governo Trudeau ha voluto modificare, lasciando in piedi un percorso ad ostacoli - requisiti linguistici e lacci burocratici - che ha limitato fortemente l’immigrazione in Canada dal Belpaese. In questi sedici anni, solamente 800mila persone che hanno lasciato il Sud hanno poi deciso di farvi ritorno. Nel rapporto viene poi analizzata la situazione economica del Mezzogiorno, che paga ancora scompensi e squilibri decennali nei confronti dei quali non è stata ancora trovata una situazione duratura e questo a prescindere dalla casacca politica dei governi che si sono succeduti nell’ultimo trentennio in Italia.
Nello studio viene messo in luce come sia aumentata la precarizzazione del lavoro e come si siano create delle vere e proprie sacche di povertà endemiche che alimentano la disparità di condizioni di vita tra il Nord e Centro Italia e il Meridione. Il numero di famiglie meridionali con tutti i componenti in cerca di occupazione è raddoppiato tra il 2010 e il 2018, passando da 362mila a 600mila, mentre al Centro-Nord sono 470 mila.
Ma anche le previsioni per l’immediato futuro non sono rosee.
Nel 2019, infatti, “si rischia un forte rallentamento dell’economia meridionale”, con la a crescita del Pil che “sarà pari a +1,2% nel Centro-Nord e +0,7% al Sud”. Nel corso del 2017 il Mezzogiorno ha proseguito la sua lenta ripresa, ma “in un contesto di grande incertezza» e in assenza di politiche adeguate rischia di frenare ancora, con un sostanziale dimezzamento del tasso di sviluppo” nel giro di due anni. La Svimez sottolinea in particolare che anche nel 2019 “il livello degli investimenti pubblici al Sud dovrebbe essere inferiore di circa 4,5 miliardi se raffrontato al picco più recente”, datato 2010.
A preoccupare è anche il consolidamento di un altro fenomeno definito dallo Svimez “dualismo generazionale”.
“Il saldo negativo - continua il rapporto - di 310mila occupati tra il 2008 e il 2017 al Sud è la sintesi di una riduzione di oltre mezzo milione di giovani tra i 15 e i 34 anni (-578mila), di una contrazione di occupati nella fascia adulta 35-54 anni (-212mila) e di una crescita concentrata quasi esclusivamente tra gli ultra 55enni (+470mila unità)”. Si è dunque “profondamente ridefinita la struttura occupazionale a sfavore dei giovani”.
A completare la drammatica analisi dell’associazione per lo Sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno anche la mancanza o carenza di alcuni diritti fondamentali: “In termini di vivibilità dell’ambiente locale, di sicurezza, di adeguati standard di istruzione, di idoneità di servizi sanitari e di cura per la persona adulta e per l’infanzia”. “In particolare - conclude il rapporto - nel comparto socio-assistenziale il ritardo delle regioni meridionali riguarda sia i servizi per l’infanzia che quelli per gli anziani e per i non autosufficienti”.