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Dell’Aquila: “Dedico l’oro a mio nonno”

TOKYO – “Questo oro è dedicato a mio nonno, che non c’è più da un mese e stasera mi guardava da lassù: ero certo che avrei vinto”. Sono state queste le prime parole di Vito Dell’Aquila – vent’anni, pugliese nativo di Mesagne, in provincia di Brindisi – diventato campione olimpico di Taekwondo e prima medaglia d’oro per la spedizione azzurra a Tokyo. Dell’Aquila ha trionfato nella finale della categoria 58 kg superando 16-12 il tunisino Mohamed Khalil Jendoubi al termine di un match combattutissimo e in bilico fino all’ultimo. Dell’Aquila è stato autore di un grande cammino olimpico, con tre brillanti vittorie nelle tre sfide disputate dagli ottavi di finale in poi, prima dell’apoteosi finale.

Nonostante i soli 20 anni, Vito Dell’Aquila ha dimostrato un’esperienza impressionante nel corso di tutta la giornata, dal primo turno alla finale. Ha rischiato sempre poco e si è guadagnato l’atto conclusivo con grandissimo merito. Il suo battesimo olimpico a Tokyo è stato un netto 26-13 contro l’ungherese Omar Salim, mai davvero all’altezza dell’azzurro. Ai quarti di finale il livello si è comprensibilmente alzato con il thailandese Ramnarong Sawekwiharee, comunque battuto di 20 punti, 37-17.

Nella semifinale contro l’argentino Lucas Lautaro Guzman la posta in palio era altissima – uno dei due gradini più alti del podio -, ma Dell’Aquila non si è fatto problemi e ha dominato il sudamericano fisicamente e mentalmente fino al 29-10 finale.

Decisamente più in bilico l’ultimo incontro – quello della finale olimpica – decisosi a favore del ragazzo di Mesagne solamente allo scadere del terzo round, con una serie rapida serie di calci al tronco andati a segno, che gli hanno regalato la medaglia d’oro proprio nei secondi conclusivi.

“Sono fiero di essere il primo medagliato italiano nato negli anni 2000 – ha detto Vito – e spero che possano arrivarne delle altre. Dopo tutto quello che l’Italia ha passato con il Covid, i Maneskin che hanno vinto l’Eurovision, l’Italia di Mancini l’Europeo ed ora io. È un onore. È stato un anno molto duro, specie dal punto di vista personale a causa del Covid. Sembrava che tutto andasse storto. Nel 2021 mi sono ritrovato, mentalmente sono tornate me stesso e immaginavo che i Giochi potessero andare bene ora direi che è andata più che bene. Il segreto di Mesagne? Abbiamo Roberto Baglivo, un maestro speciale, due campioni olimpici nella stessa palestra non è un caso (l’altro è Carlo Molfetta, oro a Londra 2012, ndr), poi la grinta di noi del Sud. Vengo da una famiglia umile dove mi hanno insegnato a lottare per i miei sogni. Penso di essere stato anche fortunato, l’incontro poteva anche girare in suo favore, ma in questi anni mi sono fatto un ‘mazzo’ sia in allenamento che nella vita pensando solo al taekwondo”, ha concluso il giovane campione pugliese.

“Mi auguro che sia la prima di tante. Complimenti, bravissimo”. Così la sottosegretaria allo Sport Valentina Vezzali, rivolgendosi a Vito Dell’Aquila subito dopo la finale, ha salutato l’oro vinto dal pugliese nel taekwondo, categoria 58 kg, ai Giochi di Tokyo. “Grazie campionessa – ha risposo Dell’Aquila – tu sei abituata a vincere medaglie”.

“Questa medaglia è il simbolo di un’Italia che sa ripartire, anche quando cade. Dopo l’oro di Molfetta a Londra, a Rio abbiamo avuto un passaggio a vuoto, ma il taekwondo è ripartito: abbiamo lavorato sui giovani, e il talento di Dell’Aquila ha fatto il resto”. Angelo Cito, presidente della federazione taekwondo, esulta parlando della vittoria del giovane taekwondoka azzurro: “Siamo orgogliosi di aver portato il primo oro di questa Olimpiade alla squadra azzurra: stasera, più che mai, ci sentiamo profondamente italiani”.

Il taekwondo è un’arte marziale coreana e uno sport da combattimento a contatto pieno, nato fra gli anni 1940 e 1950, basato principalmente sull’uso di tecniche di calcio. Combina tecniche di combattimento volte alla difesa personale e alla pratica agonistica soprattutto come sport olimpico, ma anche come esercizio e, in alcuni casi, filosofia e meditazione. Sin dal 1989 è divenuto l’arte marziale più popolare al mondo in termini di praticanti.

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