Canada

Rivolta interna e caos politico: Trudeau davanti a un bivio

TORONTO – «Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di 50 piani. Mano a mano che cadendo passa da un piano all’altro, il tizio per farsi coraggio si ripete: “Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene…” Il problema non è la caduta, ma l’atterraggio». Questa frase, una delle più memorabili del capolavoro “L’odio” del regista francese Mathieu Kassovitz, rappresenta in modo plastico lo stato di estrema difficoltà che sta attraversando Justin Trudeau. Con i sondaggi sempre più catastrofici, con una rivolta interna che sta dilaniando il partito, con le opposizioni che mordono e chiedono il voto anticipato, il primo ministro deve ancora fare i conti con i pesanti strascichi provocati dalle dimissioni dell’ormai ex ministro delle Finanze Chrystia Freeland.

Se a questo contesto, già particolarmente traballante, aggiungiamo gli sberleffi e le provocazioni che arrivano con cadenza quotidiana dal futuro inquilino della Casa Bianca Donald Trump, possiamo capire come il “fino a qui, tutto bene” di Trudeau sia ormai agli sgoccioli, e che l’impatto è sempre più vicino.

Anche perché siamo di fronte a uno scenario politico carico di incertezza e punti interrogativi. Da questo punto di vista la pausa invernale dei lavori parlamentari rappresenta una boccata d’ossigeno per il leader liberale. Ma lo stop di sei settimane non risolve tutti i problemi, semplicemente rimanda al 28 gennaio la possibile crisi di governo, se le opposizioni riusciranno a trovare una posizione unitaria, come non hanno fatto negli ultimi tre anni.

In ogni caso Trudeau gode del privilegio, almeno per un mese e mezzo, di essere padrone del suo destino. Può infatti decidere di rimanere in sella e ripetersi “fino a qui tutto bene”, mischiando le carte con un rimpasto di governo che sarà annunciato oggi e cercando di rimanere al timone fino alla naturale scadenza della legislatura.

Al contrario, strada facendo, Trudeau potrebbe anche decidere di fare un passo indietro e gettare la spugna. In questo caso, sarebbe molto probabile il ricorso alla “prorogation” che comporterebbe l’azzeramento dei lavori parlamentari sine die, per permettere ai liberali di organizzare la corsa alla leadership e dotarsi di un nuovo capo.

In questo caso – ma qui si entra davvero nel campo minato delle pure speculazioni – i grit potrebbe dotarsi di un leader ad interim che non potrebbe partecipare alla corsa per la segreteria del partito.

Insomma, sarà un Natale con mille dubbi per Trudeau, consapevole che volente o nolente il prossimo ottobre ci sarà la scure delle elezioni. E se dovesse rimanere in sella, il “fino a qui, tutto bene” difficilmente passerà indenne il responso delle urne, con l’atterraggio che inevitabilmente si trasformerà in uno schianto.

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