Il Commento

Può piacere o non piacere, ma a vincere è ancora lui

TORONTO – Confesso di non essere un fan del presidente Donald Trump. Non provo nemmeno astio nei suoi riguardi. Il suo approccio alle sfide quotidiane che la vita può riservarci sembra diverso da quello che i miei genitori hanno riservato a me e ai miei fratelli. E, da un punto di vista professionale, è “mio compito” criticare affinché i nostri lettori possano avere una visione equilibrata di un politico il cui peso sulla bilancia del “bene o del male” ha un impatto maggiore dell’insignificante espressione di “giusto o sbagliato” espressa da cittadini comuni, altrimenti assorbiti dalla necessità di farsi gli affari propri.

Cerco di essere cauto. Ieri, un investimento da 13 miliardi di dollari proposto da una delle tre grandi case automobilistiche nordamericane, inizialmente previsto per Brampton (Ontario, Canada), è stato annullato a favore del trasferimento in Illinois, USA. Trump ha fatto conoscere e sentire le sue preferenze. Le sue politiche economiche/tariffarie [America first] hanno messo i premier provinciali canadesi gli uni contro gli altri, nel tentativo di dimostrare che “il loro modo è il migliore” per proteggere “gli interessi del Canada” (i propri).

Da solo, ha usurpato la capacità degli “Stati-Nazione” di determinare i propri bilanci, chiedendo che almeno il 2% del loro PIL fosse destinato alle spese militari/di difesa, soprattutto tra i membri della NATO. Quando alcuni si sono opposti, più o meno strenuamente, ha aumentato tale requisito al 5% annuo. Il Canada, che nell’ultimo bilancio aveva stanziato l’1,24% (26 miliardi di dollari), ha riconosciuto l’obbligo/impegno di arrivare a 40 miliardi di dollari entro l’anno fiscale 2025-2026 e a 100 miliardi di dollari entro il 2030. Lavorare per la pace preparandosi alla guerra.

Gli Stati Uniti, che già spendono annualmente nel complesso militare/industriale quanto le successive undici potenze militari messe insieme, aderiranno allo stesso standard, garantendo così il mantenimento del proprio predominio e alimentando la percezione che gli Stati Uniti siano la principale potenza economica mondiale e il suo gendarme di fatto.

Al confronto, tutti gli altri sono o un “signorotto locale” (irritante o alleato) o uno “Stato cliente”. Entrambi dipendono da Trump (cioè, dal capriccio degli Stati Uniti); nonostante la loro spacconeria, prima o poi… Nessuno è immune. Né Putin, né Zelensky, né Netanyahu, né gli “interessi nazionali” che affermano di promuovere virtuosamente, mentre le loro azioni e decisioni continuano ad avvolgere tutto ciò che fanno in un manto di morte e distruzione.

Indipendentemente dalle equivalenze morali che chiunque applica a quelle condizioni applicate nella dialettica del bene contro il male nei luoghi caldi associati a quanto sopra, senza l’intervento di Trump, la pace (e tutto ciò che ne consegue) sarebbe un sogno irrealizzabile.

Quindi, a chi un comitato senza volto e senza nome ha assegnato l’ex decantato Premio Nobel per la Pace? Quali criteri hanno applicato? Esiste una formula chimica/matematica/scientifica che nessun altro ha mai scoperto o applicato per ottenere risultati inaspettati? Era pubblica? A mio parere, avrebbe dovuto essere quello che i cestisti chiamano “un colpo sicuro” a favore di Trump. Non facevo parte di quel comitato, essendo già membro di quegli “illustri sconosciuti”. Avrei volentieri ingoiato il mio orgoglio nel riconoscere i successi di Trump nell’eliminare o mitigare la morte e la distruzione le cui immagini infestano quotidianamente i nostri sistemi di comunicazione.

Congratulazioni al comitato di idioti che non ha seguito il mio esempio. Spero che non si trovino seduti come comitato consultivo alle Porte del Paradiso quando mi chiameranno.

Traduzione in Italiano dall’originale in Inglese a cura di Marzio Pelù 

In alto: la distruzione a Gaza e Donald Trump che sembra dire “Basta!” (foto da Twitter X –  @UNRWA and @WhiteHouse)

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