Prima colpisci poi tratta, Trump lo disinneschi solo se lo conosci
TORONTO – “Quando torni a casa la sera, dà uno schiaffo a tua moglie. Tu non sai perché, ma lei lo sa benissimo”. Questo antico proverbio cinese, assurdo e ripugnante, caduto per fortuna nel dimenticatoio della storia che si è scrollata di dosso il maschilismo e l’oppressione della donna delle epoche passate, calza ancora a pennello se guardiamo al modus operandi di Donald Trump (nella foto sopra, da X – Casa Bianca / @WhiteHouse).
L’inquilino della Casa Bianca, utilizzando una strategia ben precisa collaudata nei decenni in cui ha costruito il suo impero, prima di iniziare un qualsiasi negoziato, molla un sonoro mal rovescio al malcapitato con che ha davanti, e poi inizia a trattare.
I dazi commerciali imposti sul Canada ne sono un chiarissimo esempio. Prima le intimidazioni durante la campagna presidenziale, poi gli annunci dopo la vittoria contro Joe Biden, quindi le nuove minacce in vista del passaggio dei poteri fino all’escalation che ha portato al via libera delle tariffe commerciali: un tira e molla infinito, con lo stop all’ultimo secondo il 31 gennaio, la pausa fino al 3 marzo, l’attivazione dei dazi, l’immediata esenzione per i le autovetture, fino alla tragicomica giornata di ieri, con il segretario al Commercio Howard Lutnick che lascia intendere come l’amministrazione Usa si intenzionata a concedere un nuovo stop di 30 giorni, contraddicendo l’inquilino della Casa Bianca che invece non fa alcun passo indietro fino al primo pomeriggio, per poi cedere clamorosamente concedendo a Ottawa una nuova pausa di 30 giorni.
Chi ha a che fare con Donald Trump è sempre sulle montagne russe. Senza dimenticare che il magnate newyorchese mette sempre alla berlina chiunque abbia davanti, sia esso Slippy Joe o Governor Trudeau. Infarcendo il tutto con una valanga inarrestabile di fake news. Trump accusa il Canada di godere di una sorta di sovvenzione di 250 miliardi di dollari, quando invece la bilancia commerciale Canada-Usa parla di un disavanzo non superiore ai 50 miliardi; Trump accusa il governo di Ottawa di non fare abbastanza per frenare lo smercio del fentanyl che a suo dire starebbe inondando gli States dal confine Nord, quando invece i dati dello stesso governo americano parlano di quantitativi marginali rispetto ai sequestri al confine con il Messico.
E che dire della sparata riguardo le banche? “Il Canada – ha detto il tycoon – non permette alle nostre banche di operare nel loro mercato”. Falso, ci sono otto gruppi bancari americani attivi nel mercato canadese, che tra l’altro detengono la fetta più ampia di mercato tra gli istituti creditizi stranieri. Ieri, la ciliegina sulla torta: “Che ci crediate o no – ha scritto Trump sul social Truth – nonostante il pessimo lavoro che ha fatto per il Canada, credo che Justin Trudeau stia sfruttando il problema dei dazi, in larga parte causato da lui stesso, per ricandidarsi a Primo Ministro. Assistere a tutto ciò è uno spasso!”.
Chiunque segua le dinamiche della politica canadese, anche sbadatamente, sa perfettamente che Trudeau passerà il testimone al nuovo leader liberale che sarà eletto questa domenica. Dopo 10 anni alla guida del Paese, Trudeau si farà da parte.
Come disinnescare questa scheggia impazzita che in cinquanta giorni ha minato nelle fondamenta un legame – quello tra il Canada e gli Usa – secolare? Non arretrando di un millimetro, rispondendo a muso duro, usando i contro dazi come una clava. Perché con Trump se ti pieghi, ti spezzi, se invece gli tieni testa ne guadagni il rispetto.
E in questo braccio di ferro, a piegarsi sarà proprio l’inquilino della Casa Bianca, come ha già fatto con i dazi nel settore auto, quando capirà che in questa guerra commerciale a rimetterci saranno in primo luogo i consumatori americani, così come gli hanno indicato i mercati che invece vogliono stabilità e odiano l’incertezza. Non rispondendo a quel primo proverbiale schiaffone, saremo destinati a prenderne un altro, poi un altro ancora.
Rispondere quindi colpo su colpo, dazio su dazio, minaccia su minaccia: è questa la chiave per riportare un po’ di ragione e buon senso nello Studio Ovale.