Nota diplomatica

Arboscultura: un hobby?
No, è design

Negli anni ’40 del secolo scorso un contadino americano di nome Axel Erlandson piantò sei alberi di sicomoro in cerchio e poi, attraverso successivi innesti tra i singoli tronchi – e 25 anni di pazienza – creò “l’albero cestello” che appare qui sopra dopo 75 anni.

Erlandson invece morì nel 1964, a ottant’anni.

Le sue particolari tecniche sono in buona parte scomparse con lui, anche se le sue strane piante – un centinaio – in molti casi ancora sopravvivono.

L’uomo, nato in Svezia e emigrato da bambino negli Usa con i suoi genitori, non era che un semplice coltivatore di fagioli. Aveva però notato il fenomeno dell’anastomosi – l’occasionale fusione spontanea tra i rametti – nelle siepi che proteggevano i suoi campi e decise di vedere se a tempo perso poteva lui stesso governare il processo. Ci riuscì, in maniera spettacolare e ineguagliata.

A chi gli chiedeva del suo segreto rispondeva solo che: “Io con le piante ci parlo”.

Spronato dalla famiglia, Erlandson creò perfino un “Circo degli Alberi”, una sorta di parco di divertimenti ancora esistente. Non gli rese mai granché in termini economici, ma lui e i suoi alberi diventarono a modo loro famosi negli Usa negli anni prima della sua morte.

Ridendo e scherzando, aveva inventato – o meglio, popolarizzato – una nuova forma artistica, detta oggi “arboscultura” o, tra i nuovi adepti, tree shaping.

In sé, plasmare artificiosamente gli alberi nella forma desiderata, come con il bonsai giapponese o la topiaria – l’ars topiaria, l’arte di potare gli arbusti al fine di dargli una forma particolare per scopi ornamentali – non è certo una novità. Dipende perlopiù dalla sapiente “sottrazione” di forme indesiderate e meno dall’aggiunta di nuove parti.

La tecnica di Erlandson ha fatto scuola. Che ci si possa guadagnare da vivere pare molto improbabile. Vista la curiosa natura – e la durata pluri-decennale dei progetti – è difficile però definirlo hobby. Deve trattarsi allora di “design”…

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