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Napoli e il caffè:
un binomio inscindibile

Senz’altro, nell’apprestarvi a leggere, vi chiederete che cosa mai io possa raccontarvi per suscitare il vostro interesse.

Senza dubbio, vi confesso, che il solo parlare di Napoli per un non napoletano suscita in me tantissimi ricordi ed esperienze di vita, di gente, di calore, di amore e, ovviamente, anche di cucina ma anche tanti rimpianti per la città di cui mi sono innamorato, quasi direi, a prima vista.

Come spesso dico, non basta esserci nati per essere napoletani, Napoli bisogna averla nel cuore e, per dirla anche alla De Crescenzo, ‘’dovunque nel mondo c’è bisogno di un poco di Napoli’’ senza dimenticare che ‘’ci sono posti in cui vai una volta sola e ti basta…e poi c’è Napoli’’, detta da un grande John Turturro.

Questi miei ricordi, meglio ancora, queste mie memorie, non potevano che iniziare con il caffè, una bevanda che tutti i napoletani adorano e che è presente in tutta la loro vita, a qualunque ora del giorno e della notte, ‘’a tutto rinuncerei, tranne a questa tazzina di caffè’’, per dirla anche con il conforto delle parole di Eduardo De Filippo.

Il caffè a Napoli è un indicatore di maturità: il ragazzo diventa ‘’ommo’’, uomo, quando comincia, appunto, a prendere il caffè.

Il vero caffè napoletano deve avere le famose 4 C: ‘’curto’’, ‘’cocente’’, ‘’carreco’’, cioè forte, e poi anche ‘’còmmeto’’, cioè comodamente seduti.

A Napoli prendere il caffè è un vero rito con norme non scritte, prassi, abitudini; in piedi, seduti al tavolino, con lo zucchero o amaro, con la mano destra o con la mano sinistra: insomma diverse piccole opzioni interpretate da ognuno a modo proprio.

Il modo per approcciare una donna è offrirle un caffè, come anche quando si incontra un amico, oltre alla fantastica usanza del caffè sospeso, che si lascia pagato per chi non può permetterselo.

Napoli è la patria del caffè ma è anche un teatro a cielo aperto e sono innumerevoli gli aneddoti legati a questa bevanda che si identifica con tutta la città.

Vi voglio raccontare una storia legata al mio lungo soggiorno napoletano oltre che, ovviamente, al caffè. Ogni mattina andavo al Bar Nilo, in pieno centro storico, a pochi passi dalla Via dei Presepi, S.Gregorio Armeno, ad assaporare la mia prima tazzina quotidiana di caffè. Avevamo inscenato un simpatico teatrino con il Sig. Bruno, tuttora ancora barista del suddetto Bar Nilo: all’ora più frequentata, non appena cominciavano ad essere pronte le tazzine di caffè ed ad essere depositate sul bancone sui rispettivi piattini, immediatamente il primo che si apprestava a prendere, appunto, la prima tazzina veniva fermato al grido ‘’no, quella è quella del signore, è un caffè al pistacchio!’’. Mentre tutti guardavano nella tazzina, io, ovviamente, lo sorseggiavo con aria di circostanza e, alla domanda del barista rispondevo ‘’è buonissimo’’ e, subito dopo, andavo via, lasciando tutti in preda a mille domande per Bruno che non voleva rivelare a nessuno il segreto del caffè al pistacchio. Ovviamente era un caffè come tutti gli altri ma, ogni giorno, ci divertivamo con questa scenetta che è una delle tante di quel famoso teatro vivente che è la città di Napoli.

Alex Ziccarelli

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