ROMA – Da qualche anno a questa parte, gli immigrati stanno salvando l’Italia da un declino demografico innescato da un serie di fattori, in primis il calo delle nascite e l’emigrazione. Ma c’è anche un altro, importante ruolo che l’immigrazione verso l’Italia sta svolgendo nel Belpaese: è un ruolo economico, che vede l’imprenditoria immigrata espandersi e consolidarsi come “un pilastro essenziale per l’economia italiana”. La definisce proprio così il Rapporto Immigrazione e Imprenditoria 2024, che analizza i dati di Infocamere sull’andamento delle imprese a gestione immigrata nel periodo 2013-2023 e che è stato presentato nei giorni scorsi a Roma.
L’analisi – condotta dal Centro Studi e Ricerche Idos e dalla Cna – evidenzia che mentre il numero complessivo di imprese italiane è diminuito dell’1,7% nell’ultimo decennio, le aziende guidate da imprenditori nati all’estero sono aumentate, nello stesso periodo, del 32,7%, sfiorando quota 660.000 nel 2023 e rappresentando oltre l’11% del totale.
Fra i tanti aspetti analizzati, lo studio – del quale ha scritto nei giorni scorsi anche l’Agenzia Internazionale Stampa Estero Aise – ne evidenzia uno particolarmente significativo: fra queste imprese “straniere”, quelle individuali restano predominanti (482.918, pari al 73% del totale), ma si registra una crescita esponenziale delle società di capitale (129.267), quasi triplicate in dieci anni (+160%). “Un’evoluzione che segnala una maggiore strutturazione e competitività del tessuto imprenditoriale immigrato”, secondo gli autori della ricerca. Non solo: “A fronte di un calo generalizzato delle imprese giovanili (-22,8%), quelle a conduzione immigrata dimostrano una maggiore resilienza, mantenendo una quota del 19% sul totale: un segnale chiaro del ruolo sempre più rilevante della nuova generazione di imprenditori stranieri nel tessuto economico nazionale”.
Ma quali sono i settori più “gettonati” dai nuovi imprenditori stranieri? “Pur restando fortemente radicati nei settori tradizionali, come commercio ed edilizia (che rappresentano ancora, rispettivamente, il 30,7% ed il 24,5% delle imprese “straniere” in Italia), gli imprenditori immigrati – si spiega nello studio – stanno progressivamente investendo in ambiti più dinamici e in crescita, contribuendo alla vitalità economica del Paese”. In particolare, alloggio e ristorazione (+57,6% negli ultimi dieci anni: ora le aziende “straniere” di questo settore rappresentano l’8,5% del totale) e servizi alla persona (+101,6%), ma anche settori più specializzati, come le attività professionali, scientifiche e tecniche (+56,0%), hanno visto un ingresso di immigrati con maggiore qualificazione. Anche la sanità e l’assistenza sociale risultano in espansione (+77,6%).
Da un punto di vista territoriale, le imprese immigrate si diffondono in tutto il Paese, con una crescita marcata anche nelle aree meno dinamiche. Il Nord rimane il principale polo attrattivo, con Lombardia, Emilia Romagna e Veneto in testa. Tuttavia, anche il Sud registra aumenti significativi, in particolare in Campania (+72,8%) e Puglia (+33,8%). Le grandi città come Roma e Milano restano comunque i centri nevralgici dell’imprenditoria immigrata, ma la crescita di Napoli conferma una tendenza di espansione su scala nazionale.
C’è poi un altro aspetto interessante: negli ultimi dieci anni, mentre il numero complessivo di imprese femminili in Italia è diminuito del 7,3%, quelle guidate da donne nate all’estero sono aumentate del 37,8%, raggiungendo quota 162.245 nel 2023. “Una crescita – si legge nell’indagine – che non è solo quantitativa: queste imprenditrici stanno ridefinendo il panorama economico italiano, adattandosi alle trasformazioni del mercato ed investendo nelle proprie comunità. Le imprenditrici immigrate non si limitano a creare occupazione, ma introducono nuovi modelli di business e contribuiscono alla diversificazione economica, spaziando dai settori tradizionali come commercio e ristorazione, fino agli ambiti emergenti, con incrementi rilevanti nei servizi alla persona (+101,6% in 10 anni), nelle attività professionali (+69,1%) e nella sanità (+75,3%)”.
I più intraprendenti? Marocchini, rumeni e cinesi
ROMA – Ma quali sono gli immigrati più intraprendenti in Italia? Da dove provengono? Secondo il Rapporto Immigrazione e Imprenditoria 2024, otre il 79,4% delle attività autonome gestite da immigrati è riconducibile a persone nate al di fuori dell’UE: i principali protagonisti dell’espansione che l’imprenditoria “straniera” sta conoscendo nel Belpaese sono i cittadini di Marocco, Romania e Cina, che costituiscono il gruppo più numeroso di titolari d’impresa.
Come dice il Rapporto, l’analisi dei settori di attività rivela dinamiche interessanti:
• Gli imprenditori marocchini (58.273) confermano la loro storica vocazione commerciale, con il 72% delle imprese individuali attive nel commercio. Tuttavia, si osserva una crescente diversificazione: i servizi alle imprese (+88,6% rispetto al 2013) e le attività di servizi vari (+300%) stanno emergendo come nuovi ambiti di sviluppo.
• Gli imprenditori romeni (52.239) mostrano un maggiore equilibrio settoriale. Sebbene l’edilizia rimanga il settore principale (56,1%), ha subito una contrazione del 10% rispetto al 2013. In parallelo, si registra un forte aumento nel commercio (+250%), nei servizi di alloggio e ristorazione (+608,1%) e nel noleggio e servizi alle imprese (+262,5%), segnale di un progressivo orientamento verso comparti a maggiore valore aggiunto.
• Gli imprenditori cinesi (50.826) mantengono una solida presenza nel panorama economico italiano, con una crescita del 13% tra il 2013 e il 2023. Tuttavia, la loro quota percentuale sul totale delle imprese immigrate è scesa dall’11,3% al 10,5%, suggerendo una fase di consolidamento piuttosto che di espansione incontrollata.
Parallelamente, emergono nuovi attori dell’imprenditoria immigrata: Pakistan (+130,7%), Bangladesh (+47,3%) ed Egitto (+40%) registrano gli incrementi più rilevanti.
“Nonostante il contributo crescente dell’imprenditoria immigrata all’economia italiana – spiegano ancora gli autori del Rapporto – , le politiche di sviluppo e cooperazione internazionale non sembrano ancora valorizzare pienamente questo potenziale. La costruzione di ponti economici con i Paesi di origine degli imprenditori immigrati potrebbe rappresentare una strategia vincente, favorendo l’internazionalizzazione delle imprese italiane e lo sviluppo di nuove sinergie commerciali”. Soprattutto oggi, con una guerra commerciale mondiale in corso.
Marzio Pelù
Tutti i grafici sono a cura del Centro Studi e Ricerche Idos (con dati di Istat, Infocamere e Centro Studi “Tagliacarne”) e sono tratti dal Rapporto Immigrazione e Imprenditoria 2024 (una scheda di sintesi dello studio è disponibile qui)
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