Cultura

L’alpinista simbolo d’Italia: Walter Bonatti

TORONTO – In un’epoca in cui il 91% degli adolescenti è perennemente legato ai propri social media, il termine “divario generazionale” è diventato praticamente privo di significato.

C’è stato un tempo, tuttavia, nell’era pre-internet e pre-tv, in cui gli adolescenti non solo si avventuravano fuori dalla porta di casa, ma scalavano le montagne, letteralmente. Entra in scena l’iconico alpinista italiano Walter Bonatti. Nel 1949, all’età di 19 anni, scalò una delle vie più impegnative delle Alpi, la Walker Spur Mountain.

Il regista Daniele Vicari sta attualmente girando un film sulla famigerata scalata del Monte Bianco di Bonatti del 1961, intitolato Bianco – sulla tragica spedizione di Bonatti sulla montagna, che pose fine alla vita di quattro alpinisti che la accompagnavano.

La sceneggiatura, scritta a quattro mani da Vicari, Massimo Gaudioso, Francesca Manieri e Marco Ferrari, è tratta dal romanzo di Marco Albino Ferrari “Freney 1961 – Tragedia sul Monte Bianco“.

Il Pilastro Centrale di Frêney è l’ultimo angolo del Monte Bianco, che nel 1961 era una vetta inviolata della montagna. Bonatti era con il suo collega esploratore Roberto Gallieni, un alpinista e ingegnere che aveva già fatto diverse ascensioni insieme sulle Alpi. A loro si unì un forte alpinista Andrea Oggioni, che all’epoca aveva 30 anni.

Raggiunti da un quartetto francese durante la loro scalata, il gruppo di sette persone è salito insieme per il resto della tempestosa escursione.

Ma a soli 100 metri dalla vetta, una violenta bufera di neve ha intrappolato la squadra per più di una settimana, lasciandoli mortalmente esausti.

Nonostante il suo stato di indebolimento, Bonatti prese il comando e organizzò la ritirata, allestendo calate in corda doppia e spingendo gli altri oltre i loro limiti verso la salvezza.

Tragicamente quattro dei sette non sopravvissero, tra cui Oggioni, che morì dopo essere rimasto impigliato in corde ghiacciate. Nonostante le perdite, Bonatti fu determinante nel salvare la vita degli altri e nell’organizzare la discesa.

L’alpinista italiano non solo è stato considerato uno dei più grandi alpinisti ed esploratori del 20° secolo, ma non ha eguali nel campo. Nel suo curriculum le salite di successo delle Grandes Jorasses, del Grand Capucin, delle Dolomiti, del K2, del Petit Dru, del Gasherbrum IV, del Rondoy North e del Cervino.

Ma mentre gli adolescenti di oggi potrebbero non sapere molto di Bonatti, o leggere una qualsiasi delle sue citazioni sui manifesti digitali, il film di Vicari potrebbe finire per essere ritagliato per i social media.

Forse allora qualche diciannovenne taglierà i vacui consigli di vita di persone online che raramente escono dalle loro camere da letto e scoprirà le imprese di Bonatti. Le parole [come quelle di Bonatti] hanno più peso quando hai fatto carriera rischiando la vita.

Walter Bonatti: “Una montagna non è come gli uomini. Una montagna è sincera. Le armi per conquistarlo esistono dentro di te, dentro la tua anima”

Immagine di Daniele Vicari e Alessandro Borghi sul set di Bianco per gentile concessione di Alfredo Falvo; in alto, Walter Bonatti               

Massimo Volpe, autore di questo articolo, è un filmmaker e scrittore freelance di Toronto: scrive recensioni di film/contenuti italiani su Netflix

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