Lametti, primo Attorney General italo-canadese

di Mariella Policheni del 14 May 2019

TORONTO - David Lametti a 360 gradi. Il ministro della Giustizia ed Attorney General si racconta in una intervista concessa al Corriere Canadese: dal privato - le origini e la famiglia - alla politica fino al prestigioso incarico affidatogli da Trudeau lo scorso 14 gennaio.

Lametti, che è il il primo Attorney General federale di origine italiana, è stato eletto a Montreal nel distretto di LaSalle-Émard- Verdun: nel corso di questa legislatura è stato segretario parlamentare prima del ministro del Commercio internazionale Chrystia Freeland – occupandosi peraltro in prima persona del delicato “file Ceta” – poi del ministro dello Sviluppo Economico Navdeep Bains.

Prima di tutto desidero farle presente che la comunità italiana è orgogliosa del suo incarico chiave all’interno dell’esecutivo Trudeau.
«Abbiamo un caucus che è molto forte, sono tantissimi ad essere molto bravi sia di origine italiana che non. Vorrei ricordare anche il ministro per gli Anziani Filomena Tassi che è molto preparata».

Ministro ci dica qualcosa di sè, vorremmo una breve nota biografica.
«Sono di origine marchigiana, di Fabriano per l'esattezza. Sono nato e cresciuto a Port Colborne, ho conseguito una laurea all’Università di Toronto, poi mi sono iscritto alla McGill University per studiare giurisprudenza e lì ho anche conosciuto mia moglie che è una docente nella facoltà di Giurisprudenza dell’università. Abbiamo tre figli, un maschio di 22 anni e due ragazze, Gabrielle di 20 e Domenique di 18 anni. Tutti e tre parlano italiano».

Ministro lei si reca spesso in Italia?
«Molto spesso. Sono stato invitato numerose volte in qualità di professore a tenere delle lezioni nelle università di Roma, Perugia, Milano, Trento, in Sicilia. Con mia moglie abbiamo preso due anni sabbatici e siamo andati in Italia, i nostri figli hanno frequentato la scuola lì. Io insegnavano a volte in italiano, altre volte in inglese perchè tanti programmi vengono adesso offerti anche in inglese. Per quel che riguarda la mia famiglia purtroppo ho perso poco tempo fa i nonni ma al paese ho zii, i cugini e vado spesso a trovarli».

Quali differenze trova tra le comunità italiane di Toronto, Montreal e Port Colborne?
«Sono diverse nel senso che quella di Port Colborne ad esempio oltre ad essere più piccola era formata da marchigiani, tanti molisani e abruzzesi, pochi calabresi. All’epoca lì non c’erano risorse per studiare la lingua mentre a Toronto e a Montreal c’erano più possibilità per studiare l’italiano, ad esempio nelle scuole di sabato. Ho notato che a Montreal la seconda e la terza generazione di origine italiana parla ancora italiano. Dal punto di vista economico sia a Montreal che a Toronto e Niagara gli italiani sono ben integrati. Ora siamo in un’altra fase nella quale la comunità si impegna in organizzazioni caritatevoli, molti iniziano a essere leader nella società».

E lei è un leader di alto livello. Qual è stata la sua esperienza nel salto da deputato federale a un ministero, quello della Giustizia, che io ritengo uno dei più importanti in assoluto?
«Ho avuto un periodo di formazione molto importante, ho trascorso un anno con Chrystia (Freeland) essendo il suo sottosegretario e due anni con Navdeep (Bains) che sono due ministri molto attenti ma molto differenti. Ho avuto due esperienze significanti, con loro ho viaggiato nel mondo per Ceta ed altro. Mi sono trovato molto bene, adesso passando al ministero della Giustizia lavoro con il ministero di Navdeep, con Ralph Goodale per riempire la struttura di quello che dobbiamo fare per proteggere i cittadini».

Il governo sta attraversando un momento delicato della nostra storia politica, ci sono numerose questioni in ballo.
«C’è un bel gruppo all’opera. Lavoro anche molto con Marco Mendicino e Francesco Sorbara, sono entrambi eccezionali in modo diverso. Sono fiducioso nelle relazioni che abbiamo nei diversi distretti e credo che alla fine la gente si renda conto dell’impegno profuso».

Il governo sembra essere distante per quel che concerne l’emigrazione degli italiani in Canada, il partito sembra essere lontano dalla comunità.
«I valori di fondo sono gli stessi, il Canada rimane un paese aperto, aperto anche agli italiani. Se arrivano meno italiani è per diversi motivi. Per quel che concerne lo scoglio rappresentato dalla lingua inglese posso dire di conoscere bene il sistema scolastico universitario italiano e di aver notato che c'è un focus sull'apprendimento della lingua inglese, vengono offerti tantissimi corsi al fine di poter spianare ai giovani la strada verso il successo, la loro realizzazione. Stiamo lavorando sul ‘Working holidays permit’ in modo che giovani canadesi possano andare in Italia e giovani italiani possano venire in Canada. Speriamo che con l'instabilità della Brexit molte persone che hanno la padronanza dell'inglese decidano di venire qui. Sono persone che hanno studiato, parlano italiano e inglese, sono competenti anche dal punto di vista digitale».

Quale è il suo messaggio alla comunità di origine italiana?
«Non dimenticare i valori che ci hanno trasmesso i nostri genitori, lavorare duro e restituire alla società. La comunità italiana è ormai integrata e dà un contributo significante in molti campi tra i quali quello culturale ed economico. Ora si trova nella posizione di poter essere leader. I nostri genitori sono andati incontro a tantissima discriminazione ed hanno lottato tanto: adesso è giunto il momento di essere alla guida».

Ci auguriamo che lei continui ad essere il leader che tutti si aspettano.
«Non c’è solo una voce nella comunità, ce ne sono tante. Sarò uno di loro ma non sono di certo l'unico».

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