di Carlo Cantisani
TORONTO - Ancora incerta la situazione per tutti i richiedenti asilo e rifugiati a Toronto. Il governo federale ha prolungato la loro permanenza presso gli hotel e i motel che si trovano nella Great Toronto Area dalle due alle quattro settimane del mese di ottobre.
La soluzione doveva essere temporanea, sino al 30 settembre e giusto per far fronte alle numerose richieste di alloggio che le residenze universitarie, dove queste persone erano state sistemate durante l’estate, non riuscivano a soddisfare.
Ora, invece, la nuova disposizione, già definita come “soluzione di ripiego” da alcune associazioni come quella di Lucy Chaimiti, direttore esecutivo della casa dei rifugiati di Toronto Adam House.
Non si sa infatti dove potranno essere collocati ulteriormente tutti i richiedenti asilo una volta terminato anche il termine di ottobre e la loro permanenza in hotel e motel della città: interrogato a tal proposito un portavoce di Immigration, Refugees and Citizenship Canada (IRCC), l’unica dichiarazione rilasciata è stata quella di "non avere ulteriori informazioni da fornire a questo momento".
Solo cinque giorni prima della scadenza di settembre, il governo federale aveva interrotto i pagamenti agli hotel dove erano alloggiati rifugiati e richiedenti asilo, lasciando Chaimiti e i suoi colleghi del Centro per i rifugiati dell'FCJ di Toronto, l'organizzazione dei servizi per gli immigrati COSTI e altri che lavorano per il reinsediamento dei rifugiati senza alcuna informazione su come e dove risistemare le persone. “Una situazione molto destabilizzante”, secondo Chaimiti, opinione condivisa anche da Francisco Rico-Martinez, co-direttore del FCJ Refugee Center, che nell’ultima settimana di settembre è stato all’Hotel Plaza di Toronto dove sono stati alloggiati alcuni dei nuovi arrivati, riportando che la situazione era "sconfortante".
Secondo Rico-Martinez “molti richiedenti asilo e rifugiati non erano a conoscenza del fatto che i loro giorni in albergo potessero essere vicini alla fine, aspettavano in un limbo, si aggiravano per la hall dell'hotel o fumavano fuori dall'edificio, mentre i bambini strepitavano. Erano preoccupati per la mancanza di informazioni, anche quelli con gli avvocati che gestiscono le loro richieste”.
E mentre il sistema di accoglienza canadese rischia di trovarsi alle strette, con 34.000 persone che sono entrate nel paese attraverso punti non autorizzati dall'inizio del 2017, Toronto cerca di barcamenarsi fra governo federale e provinciale chiedendo una maggiore coordinazione e cooperazione.
Alcuni comuni hanno dato la loro disponibilità, come quello di Chatham-Kent, nell'Ontario sudoccidentale, dove 20 nuovi arrivati di cinque famiglie sono stati ricollocati questo mese dopo aver attraversato il confine con il Quebec, nell'ambito di un nuovo progetto pilota finalizzato proprio a venire incontro a Toronto. Ma mentre l’IRCC intende lavorare con la città, non ha fatto alcun cenno a una possibile collaborazione con la provincia per far fronte all'afflusso di richiedenti asilo.
L’Ontario, infatti, si tira fuori dalla controversia, confermando una linea gia intrapresa a partire da luglio, con il premier Ford che ha affermato che la questione del reinsediamento è stata creata dal governo federale e che quindi sta a loro dover trovare e sostenere una soluzione.
Nella scorsa settimana è intervenuto anche il Ministero Provinciale dei Servizi sociali e della Comunità, ribadendo il messaggio di Ford e dichiarando che è "esclusiva competenza" del governo federale gestire le frontiere e i programmi per i rifugiati e i richiedenti asilo.
Due sono state inoltre le richieste avanzate già a luglio sempre dal Ministero, e che riguardano sia i risarcimenti – che sarebbero "stimati a circa 200 milioni e passa" - alla provincia dell’Ontario e a tutti quei comuni che avrebbero indirizzato le proprie risorse finanziarie verso le persone che attraversano il confine presso gli ingressi irregolari, e sia la riduzione a 60 giorni, anziché dei due anni previsti dalla legge, delle udienze per i rifugiati per poterli prima integrare nella provincia, come riportato dal portavoce Matt Gloyd.
Attualmente il tempo di attesa per un’audizione è aumentato di un terzo, prolungandosi sino a 20 mesi, a causa delle scarse risorse messe in campo dal governo federale per registrare l’alto numero di immigrati che attraversano i confini irregolari.