Immigrazione, il piano di Mendicino è destinato a rimanere sulla carta

di corriere canadese del 3 November 2020

Pubblichiamo un commento di Angelo Persichilli, giornalista e commentatore politico. Per molti anni è stato caporedattore politico del Corriere Canadese. In passato è stato anche il capo delle comunicazioni dell’allora primo ministro Stephen Harper.
TORONTO – La scorsa settimana il ministro federale dell’Immigrazione Marco Mendicino ha detto che il suo governo intende fare arrivare in Canada nei prossimi tre anni 1,2 milioni di nuovi immigrati. Sulla carta l’annuncio è positivo in quanto, come nel passato, anche ora e nel futuro, abbiamo bisogno di nuovi immigrati non solo per crescere, ma soprattutto per non morire.
Ma entriamo nel dettaglio. L’annuncio federale significa che Ottawa intende fare arrivare circa 330.000 nuovi immigrati l’anno cioè circa l’1 percento della popolazione. Qual è la novità? Nessuna. Questo era stato già annunciato lo scorso anno e, anzi, lo aveva già detto Jean Chretien nel suo libro rosso del 1993.
Questa volta c’è qualche dettaglio in più su come si intende raggiungere tale cifra, ma tale percentuale, negli ultimi decenni, è stata solo una aspirazione di molti governi, mai un piano.
Un aumento simile di nuovi arrivi richiede decisamente un aumento del personale addetto all’espletamento delle pratiche. Nell’annuncio non c’è alcun dettaglio di nuovi investimenti o di ristrutturazione delle risorse attuali. Il personale ministeriale che gestisce tale settore è già insufficiente per gestire anche i livelli attuali di immigrazioni e il gigantesco backlog di domande esistente ne è la prova.
Per essere preso sul serio il ministro Mendicino dovrebbe impegnarsi anche ad aumentare i finanziamenti per l’aumento del personale e dirci come intende gestire quello che ha a disposizione per soddisfare le nuove richieste.
Per esempio, quando qualche anno fa il governo Trudeau aprì le porte ai rifugiati siriani, centinaia di addetti ai servizi di immigrazione tradizionali furono dirottati verso questa nuova attività con il conseguente aggravamento delle domande che da anni aspettano di essere visionate. Certo, non si poteva assumere nuovo personale per una situazione temporanea, ma questo dimostra che l’attuale organico non è in grado di affrontare un aumento di immigrati senza nuovi finanziamenti.
Purtroppo, dell’aumento dei finanziamenti a supporto di questo annuncio non ho visto traccia nei documenti ufficiali del ministero dell’Immigrazione.
In un comunicato stampa si dice che l’aumento è necessario per compensare la riduzione degli arrivi nel 2020 a causa delle restrizioni Covid, ma tale riduzione c’era già prima del Covid-19 e una delle cause è proprio la mancanza di personale e strutture adeguate.
Come detto, quella di legare l’arrivo dei nuovi immigrati all’1% della popolazione è solo una promessa elettorale fatta fin dal 1992 e mai mantenuta.
Tra l’altro, nell’annuncio del ministro si precisa che il 60% dei nuovi arrivi riguarderanno la cosiddetta classe economica e saranno facilitati coloro che parlano la lingua francese per rafforzare la comunità francofona in Canada. Belle parole e piano lodevole, ma non c’è traccia dei finanziamenti.
Un’ultima osservazione sulle facilitazioni per coloro che parlano il francese e i punti in più per coloro che hanno dei titoli di studio. La conoscenza della lingua francese ha un significato importante in linea con esigenze politiche interne e storiche di questo Paese. Ma questa piccola postilla avrà, come nel passato, un grosso impatto sulle aree di reclutamento.
Privilegiando coloro che parlano la lingua francese, si continuerà a penalizzare coloro che vengono dall’Europa (Francia esclusa) e dal Sud America.
Favorendo inoltre coloro che hanno un titolo di studio, senza peraltro avere posti a loro disposizione avendo il Canada migliaia di giovani istruiti provenienti dalle nostre università e in cerca di lavoro, illudiamo migliaia di professionisti che giungono in Canada con un titolo di studio per poi fare i tassisti a Toronto o Montreal.
Contemporaneamente non abbiamo a disposizione mano d’opera nel settore agricolo o per costruire palazzi a Toronto. Mi disse una volta un costruttore che se tutti i lavoratori illegali (li chiamano ’undocumented’) venissero rimpatriati, il settore edile sarebbe in grosse difficoltà a Toronto e nel resto del Canada.
In definitiva, nell’annuncio c’è una buona notizia e una cattiva. La cattiva è che il piano peggiorerebbe i problemi nel settore; la buona è che il piano, quasi certamente rimarrà, come sempre, sulla carta.

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