TORONTO – Completando una delle più clamorose rimonte della storia politica canadese, il Partito Liberale vince le elezioni 2025 e si conferma come forza di governo per la quarta legislatura consecutiva. Ma la vittoria di Mark Carney (nella foto sopra, dalla sua pagina Twitter X) , che ha ereditato un partito in crisi e in picchiata nei sondaggi, non è stata completa, così come sperava l’ex governatore di Bank of Canada: i liberali infatti non sono stati in grado di conquistare la maggioranza assoluta dei seggi, e di conseguenza avremo di nuovo un governo di minoranza, che inevitabilmente porta con sé instabilità politica alla House of Commons. I dati ufficiali di Elections Canada delineano uno scenario ben preciso, con i liberali che hanno vinto in 169 circoscrizioni, i conservatori in 144, l’Ndp in caduta libera con appena 7 seggi strappati alle altre forze politiche, il Bloc Quebecois che perde terreno nella Provincia francofona e si deve accontentare di 22 seggi e con i Verdi che tornano in parlamento con un’unica deputata, la leader storica Elizabeth May.
In ogni caso per Carney si tratta di una vittoria dal grande significato politico. Dobbiamo considerare che appena quattro mesi fa tutti i sondaggi erano concordi nell’attribuire un vantaggio netto del Partito Conservatore, superiore ai 20 punti percentuali, che avrebbe aperto la strada a una facile vittoria alle urne e a un governo di maggioranza tory. L’entrata in scena del “fattore Trump”, il passo indietro di Justin Trudeau e la discesa in campo di Carney hanno scardinato completamente gli equilibri politici che si erano ormai cristallizzati da tempo in tutto il Canada.
Grande la delusione tra i conservatori, che per la quarta volta consecutiva assaporano la sconfitta alle urne e che vedono il loro leader Pierre Poilievre perdere il proprio seggio a Carleton. E dire che il Poilievre era riuscito a mobilitare la frammentata galassia conservatrice in ogni provincia. Anche la vittoria in 144 collegi è un dato significativo, visto che i conservatori potranno contare su 24 deputati in più rispetto alla scorsa legislatura. Da un punto di vista numerico, Poilievre è riuscito a catturare molti più voti della tornata elettorale del 2021, circa 7.900.000, pari al 41,4 per cento. Una percentuale questa che in contesto normale si tradurrebbe facilmente come vittoria alle urne e governo di maggioranza.
A far deragliare i piani dei conservatori è stato soprattutto il tracollo, abbastanza prevedibile, dell’Ndp di Jagmeet Singh. E di conseguenza, il voto in massa di tanti neodemocratici spaventati dalla guerra commerciale con gli Stati Uniti a favore dei liberali. L’Ndp, infatti, passa dai 24 deputati della scorsa legislatura ad appena 7 seggi, perdendo peraltro lo status di partito ufficiale alla House of Commons: ci sarà quindi un effetto domino anche per il futuro, visto che il partito non potrà avere accesso alle risorse parlamentari e ai fondi riservati ai partiti ufficiali a Parliament Hill. Oltre a questo per i neodemocratici inizia un periodo travagliato di necessario rinnovamento dei quadri dirigenziali. Singh ha perso il suo seggio e lunedì sera, una volta ufficializzati i risultati, ha preso atto della sconfitta e ha rassegnato le proprie dimissioni.
Dal voto 2025 esce molto ridimensionato anche il Bloc Quebecois. Anche in questo caso, a determinare il netto arretramento in termini di consenso nella Provincia francofona sono stati la guerra commerciale con gli Stati Uniti, la minaccia dei dazi doganali e i rischi di recessione che hanno spinto tanti elettori a votare per i liberai di Mark Carney. Il Bloc perde una decina di deputati: solo 22 parlamentari torneranno a Parliament Hill. Oltre a questo, i blocchisti non avranno in mano l’arma del cosiddetto “balance of power”: i loro voti, cioè, non saranno decisivi alla Camera per la sopravvivenza del governo Carney, al quale basterà l’eventuale appoggio esterno dei 7 deputati neodemocratici per portare avanti la propria agenda.
Messe da parte le elezioni, il futuro governo del Paese ha davanti a sé numerose sfide. La prima, ovviamente, è rappresentata dai rapporti burrascosi con gli Stati Uniti, con in vista la prima scadenza significativa, quella del 3 maggio, quando entreranno in vigore i dazi doganali sul settore auto e sulla componentistica. Sta a Carney, quindi, cercare di disinnescare questa situazione di emergenza che potrebbe esplodere e far sprofondare il Paese nella recessione economica. Senza dimenticare gli altri problemi che affliggono il Paese: dalla crisi abitativa al costo della vita, dai problemi che gravano sul sistema dell’immigrazione alla Sanità.
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