TORONTO - C’è qualcosa nell’aria. Impulsi reazionari verso ogni progresso collettivo sembrano venire a galla un po’ dappertutto. Chiamatela Brexit, il fenomeno Trump, l’emergere del dibattito etereo sui nostri valori culturali tra i deputati Conservatori dall’ultimo mandato a questo. Ognuno ha la propria spiegazione sul perché le Nazioni declinino, i Paesi collassino o le strutture politiche diventino fragili. Il Canada, considerato da molti come un Paese serio ha le sue sfide davanti a sé.
E, Dio solo sa, l’Italia è un posto dove la natura e i barbari hanno imposto il loro volere sulla Penisola. Lungo le epoche, entrambi hanno aiutato a plasmare un senso di comunità tra coloro le cui origini sono nel Belpaese.
Ciononostante, a volte le energie e risorse locali sono incapaci di superare i fattori esterni o i cataclismi della natura. Ancora, questi agenti di cambiamento - le crisi - tendono a focalizzate la mente, definire le cose comuni e sviluppare visione.
Un senso di cittadinanza guida l’agenda. La gente con uno scopo sviluppa il responso che identifica la sfida, la affronta e va avanti. Quelli che non possono, imparano a lamentarsi e a spostare la responsabilità. La campagna di Trump ne aveva un esercito di soldatini di questo genere.
Questo ultimo gruppo di solito vive in universo parallelo dove la religione del ’’povero me’’ genera le sue stesse dinamiche, il suo stesso insieme di valori, dove prevale il concetto di ’’se io non posso avere il meglio, nessun altro dovrebbe avere neanche il mimino’’.
Si tratta di una attitudine disfattista incapace di tollerare, o accettare qualcosa di differente. Infatti, ogni differenza di opinione è causa di una ’’guerra civile’’. E questa attitudine sta infettando l’Italia. La dinamica distorce le realtà, offusca gli obiettivi e libera improbabili spauracchi.
Questa entita’ parallela non è un mondo abitato da esseri umani normali. Ma è quello preferito da coloro che, non soddisfatti di aver visto la sconfitta dell’iniziativa di Matteo Renzi sulla riforma costituzionale, adesso cercano di cambiare obiettivo verso gli italiani all’estero (che hanno votato in maggioranza per il Sì) togliendo loro il diritto di voto.
Intendiamoci bene, lascerebbero a loro la possibilità di mantenere la cittadinanza, ma toglierebbero a loro il diritto di esercitare il suo beneficio.
Con il classico ragionamento designato per coprire le questioni, queste menti miopi non stanno suggerendo di togliere la cittadinanza a tutti gli italiani che attraversano i confini italiani. Invece il loro mantra adesso è ’’chi non paga le tasse non dovrebbe decidere per noi’’.
Mettendo da parte il fatto che l’evasione fiscale e l’elusione fiscale sono diventate parte della cultura, mettere a punto quei principi toglierebbe la possibilità di voto per una larga fetta della popolazione.
Su un fronte più serio della discussione, la cittadinanza è acquisita essenzialmente in due modi: 1) con la nascita, cosi’ ereditiamo il patrimonio culturale associato con un atto nel quale noi non abbiamo parte proattiva, 2) con il merito, attraverso un processo di naturalizzazione per diventare cittadini di un paese dove non siamo nati.
Nel secondo caso, il servizio militare - un tempo metodo onorato di acquisto della cittadinanza - non è più un requisito obbligatorio delle società democratiche.
La posizione di base adesso è la residenza; ma, per un periodo specifico solamente per verificare un livello accettabile di acculturazione. Se fosse diversamente, il diritto di cittadinanza non includerebbe i diritti di mobilità.
I Paesi e le persone progressiste nel mondo vogliono l’estensione della cittadinanza e dei diritti di voto come un bene aperto per i loro agenti-espatriati. Il loro costo? Facilitare la connessione via posta certificata per ragioni di importanza nazionale come elezioni o referenda.
La tecnologia moderna e la copertura dei media facilita l’essere a conoscenza delle questioni necessarie prima del voto, senza tenere conto delle distanze.
Un tipo diverso di ballottaggio è riservato alle elezioni amministrative, che invece riguardano le questioni locali. Non avrebbe senso per un residente di Calgary di votare sulla riparazione di un marciapiede di Chicoutimi, né un residente di Frosinone permetterebbe a un genovese di votare sul sistema idrico della Ciociaria.
È un argomento spinoso, limitare o togliere diritto di nascita dei cittadini utilizzando alcune tecniche o definizioni burocratiche. Chi espatria già fa fatica a integrarsi nelle nuove società per l’acquisizione della cittadinanza.
Non dovrebbero mai farlo perché qualche prevenuto siede nel Paese natale aspettando di tagliarli a farli andare alla deriva.