
Prima del 1800 solo uno sparuto numero di italiani era venuto in Canada.
Giovanni Caboto, per conto dell'Inghilterra, esplorÒ il Newfoundland e Giovanni da Verrazzano nel 1524 esplorÒ le coste orientali del Canada, per conto la Francia. Furono i primi contatti degli italiani con il Canada. Eccetto per rari individui, di emigrazione in Canada si puo’ parlare solo nel secolo XIX.
A Montreal, secondo Bruno Ramirez, verso la fine del 1860, più di un decennio prima di Toronto, si registravano una cinquantina di famiglie italiane, il nocciolo di un gruppo di precursori che avevano scelto il Quebec. Alcuni discendenti di militari avevano servito con i britannici nei reggimenti Meuron e Watteville, nella guerra del 1812.
Dopo lo scioglimento dei reggimenti restarono in Canada. Dopo l’Unità d'Italia, altre famiglie vennero dal Nord Italia, per lo più artigiani, professionisti, musicisti, commercianti ed importatori di marmo.
In Italia, come scrive Balzan nella sua inchiesta, verso la fine dell’Ottocento, gli emigranti erano reclutati da agenti o dai subagenti, sparsi nella penisola ed in Svizzera, che lavoravano in combutta con agenti e subagenti in Canada e negli USA.
Uno dei più famigerati era Antonio Cordasco, agente della Canadian Pacific Railway, il maggior datore di lavoro dell'epoca. Cordasco era un vero “padrone” che riceveva gli immigrati inviati dalle agenzie di emigrazione in Italia e Svizzera.Prendeva “possesso” di loro a Quebec City e a Montreal e collocava con la CPR quelli richiesti, ignorando completamente i “superflui” come pure i contratti o le promesse fatte prima della partenza.
Gli agenti avevano sviluppato, come abbiamo visto negli articoli precedenti, una vasta gamma di attività con cui tenevano gli immigrati sotto controllo, dal momento dell’arrivo in Canada fino al ritorno in Italia.
Da Montreal il “sistema” delle agenzie fu esportato a Toronto, dove gli emigranti italiani cominciarono a dirigersi, verso la fine dell’Ottocento.
Erano impiegati in gran parte in lavori stagionali: nelle miniere del Nord Ontario, a far brillare rocce, a mettere traverse nelle ferrovie, a lavorare nei forni delle acciaierie, a scavare il Canale di Welland, a costruire le centrali idroelettriche, i ponti delle strade , abitazioni e edifici commerciali. Di solito, finita la stagione, sia per mancanza di lavoro nel Nord, che per la rigidità del clima, tornavano a Toronto per svernare o a casa in Italia, per chi faceva quella scelta.
A Toronto solo nel 1880 si poteva parlare di una presenza italiana. John Zucchi nel libro “The Italian Immigration of the St. John’s Ward 1875-1915” fissa appunto al 1875 la data di una presenza italiana discernibile.
Alcuni - scrive Zucchi - erano espulsi dagli Stati Uniti orientali e anzichè affrontare i disagi di un viaggio verso l'Italia, scelsero di dirigersi verso una delle grandi città del Canada, mentre altri si avviarono alla volta della capitale, dell’Ontario, indirizzati da agenti italo americani, in New York, Rochester e Utica.
A Toronto da poco più di mille italiani, all'inizio del secolo, nel 1915 si registrarono 7000/8000 residenti stabili su una popolazione di poco più di 60 mila abitanti. (Secondo alcuni studiosi la media degli italiani salirebbe ad una cifra più alta, da 12mila a 15mila, pari al 20-25% della popolazione, ndr).
Molti lavoratori stagionali erano attratti a Toronto dal lavoro abbondante nella costruzione delle infrastrutture e nell'edilizia, specialmente dopo il tremendo incendio del 1904 ed il boom del 1906.
Non era ancora l’epoca del multiculturalismo. Gli stranieri erano malvisti, ma come crescevano di numero, i nativi cominciavano a prendere nota.
Nel 1916 il Public Health Journal scriveva “aloofness and contempt for the foreigners ceases for a short time of each year and that is during the elections”.
Nel 1907 l’uomo politico George Gooderham avvicinÒ Serafino Castrucci, un uomo d’affari italiano, convincendolo a fondare il giornale “La Tribuna Canadese”, pochi mesi prima di essere eletto al Parlamento dell’Ontario.
Per non essere da meno, E.W.J. Owens, deputato conservatore federale, frequentÒ assiduamente l’Italian National Club su D’arcy Street, fino all’agognata elezione. Gli italiani cominciavano a rappresentare una percentuale ragguardevole della popolazione.
(segue)