
Nè gli Italiani avevano familiarità con i sindacati (Unions) provenendo la maggior parte di essi da paesi prevalentemente agricoli.
Alla fine dell’Ottocento, in Canada le “unioni nordamericane” (così gli italiani chiamavano i sindacati) facevano i primi passi, organizzate con l’aiuto di quelle statunitensi. La leadership che per molteplici ragioni era anglosassone, aveva una prevenzione verso gli immigrati, di cui non comprendevano la lingua - come del resto - anche la loro non veniva compresa.
Gli italiani ricambiavano la sfiducia e, secondo Franca Iacovetta (Immigration and Labour) “guardavano alle Unioni Nordamericane con incomprensione, incertezza e diffidenza”.
Ci furono scioperi nelle miniere del Nord Ontario, nelle miniere di carbone dell'Alberta e della British Columbia nelle quali furono utilizzati anche i lavoratori italiani, come ricorda il Prof. Elio Costa nella biografia di Lawrence Grassi. Divenuto famosa guida alpina delle Montagne Rocciose, partecipò allo sciopero alla Canmore Coal Company del 1917 che durò dieci settimane. Non ci fu però partecipazione massiccia degli italiani, come negli Usa, dove gli italiani avevano avuto un ruolo chiave nello sciopero generale di Tampa nel 1910 e precedentemente nel 1903-04 negli scioperi dei lavoratori delle miniere di carbone del Colorado e dell'Utah o come negli storici scioperi dei lavoratori tessili di Lawrence del 1912 e 1919, dove metà degli operai erano immigrati e i leaders dello sciopero erano italiani come Arturo Giovannitti, Carlo Tresca e Anthony Caprano.
Dopo il 1945, la situazione cambiò. L'arrivo di 260mila italiani, in massima parte braccianti, non poteva essere più ignorato, specialmente nell'industria edilizia.
Le condizioni di lavoro tuttavia rimasero strenuamente immutate per anni, grazie alle resistenze dei datori di lavoro e dei governi conservatori.
La immane sciagura del 17 marzo 1960 fu il punto di non ritorno che cambiò la storia dell’Ontario.
Cinque operai italiani Pasquale Allegrezza, Giovanni Correglio, Giovanni Fusillo, Alessandro Mantella e Guido Mantella morirono a Toronto, intrappolati in un tunnel che stavano scavando sotto il fiume Don, a Hogg’s Hollow. Scoppiò un incendio. Furono disattivati i compressori. I cunicoli cedettero e gli operai non ebbero scampo, uccisi dal monossido di carbonio. Rimasero sepolti per tre lunghi giorni tanti ne occorsero per recuperare le salme.
L’evento scosse l’opinione pubblica e provocò quello che fu definito “immigrant uprising” la rivolta degli immigrati, un fenomeno sconosciuto in una città dove gli immigrati accettavano sacrifici di ogni ordine per sopravvivere e spesso incorrendo anche nella morte.
I giornali dettero ampio spazio alla tragedia. The Telegram dedicò intere prime pagine all’incidente e sostenne che grazie allo spazio dedicato allo sfruttamento degli italiani impiegati nell’edilizia, le leggi sul lavoro furono rafforzate. Le condizioni di lavoro di migliaia di lavoratori italiani, autori del boom suburbano erano tutt’altro che ideali.
Mentre le unioni nella città si battevano per ottenere la pausa pranzo e misure di sicurezza, nelle periferie le condizioni di lavoro erano orribili, per mancanza di elementari servizi igienici, controlli sulla sicurezza, trattenute illegali del compenso per le ferie, straordinario non pagato, assegni scoperti e perfino minacce di deportazione.
Per paura di non poter più lavorare e incapaci di sostenere le famiglie in Canada ed in Italia, i lavoratori erano forzati a tollerare lo sfruttamento. Leggi inefficaci, di epoca edwardiana, non offrivano alcuna protezione. I minatori (sandhogs) che lavoravano sottoterra, erano esposti a crolli, a fughe di gas, a scosse elettriche, incendi, danni alla salute causati da decompressione dell’aria come le embolie. Prima o poi un incidente era inevitabile.
The “immigrant uprising” fu anche l’inizio dell’impegno civile per avviare il lungo e faticoso cammino verso condizioni di lavoro più sicure e più rispettose della vita umana. Il ministro del lavoro Charles Daley dopo il disastro di Hogg’s Hollow, aveva cercato inizialmente di giustificare la tragedia, dicendo che i regolamenti erano stati rispettati. Ma il Coroner dissentì: l’incidente era colpa del management cinico, di capisquadra incompetenti, di operai senza esperienza, di soccorso disorganizzato e di inefficienza del Ministero del Lavoro. Il Premier dell’Ontario Leslie Frost capì che era necessario agire per uscire dal sistema medioevale. Nominò una Royal Commission che produsse le prime di numerose riforme, portando progressivamente l’Ontario ad avere il più basso numero di incidenti sul lavoro del Nord America.
(segue)