Canada

Dazi Usa, il piano anti-Trump di Poilievre

TORONTO – Anche ieri, e soprattuto ieri, il presidente statunitense Donald Trump ha dominato la campagna elettorale canadese. L’annuncio dei dazi ha infatti costretto i leader in corsa a dedicarsi quasi esclusivamente alla risposta del Canada agli Usa. Così, il leader liberale Mark Carney, essendo anche primo ministro, è stato costretto a tornare a Ottawa, interrompendo di fatto la propria campagna elettorale per occuparsi delle tariffe.

Il leader conservatore Pierre Poilievre, invece, ha presentato il proprio piano per affrontare la guerra commerciale. Parlando, ieri, a Toronto, Poilievre ha detto che se diventerà primo ministro dopo le elezioni federali del 28 aprile, proporrà una rinegoziazione anticipata dell’accordo Canada-Stati Uniti-Messico prima della sua revisione pianificata nel 2026. “Perché aspettare? Perché non farlo ora? Perché non porre fine all’incertezza che sta paralizzando entrambe le parti del confine?” ha chiesto Poilievre, annunciando che il Canada cercherà di ottenere una pausa su tutti i dazi durante quei negoziati. L’accordo commerciale, spesso indicato in Canada come CUSMA, è stato negoziato durante il primo mandato di Trump e sarà sottoposto a revisione nel 2026. Tuttavia, molti esperti commerciali hanno affermato che le tariffe di Trump hanno effettivamente già sospeso gran parte di quell’accordo.

Il leader conservatore ha poi delineato una serie di “linee rosse”, invalicabili, nel caso dovesse avviare delle trattative con Trump, fra le quali la messa in sicurezza del confine, la protezione degli agricoltori e dei lavoratori dell’industria automobilistica, il mantenimento dei diritti sulle risorse idriche e naturali del Paese, il mantenimento del dollaro canadese, delle lingue ufficiali e dei diritti degli indigeni. “Il Canada, ovviamente, non sarà mai il 51° Stato Usa”, ha affermato Poilievre. “Questo non è negoziabile. Proteggeremo la sovranità del Canada in qualsiasi trattativa”. Inoltre, Poilievre ha detto che qualsiasi “entrata extra generata dall’espansione del commercio con gli Stati Uniti andrà direttamente alle nostre forze armate”, aggiungendo che il Canada con un goerno conservatore raggiungerebbe l’obiettivo fissato dalla NATO di destinare il 2% del PIL alla spesa per la difesa, aiutando così “a proteggere il nord del Canada e le acque artiche circostanti”.

Tornando ai dazi, secondo Poilievre un nuovo accordo commerciale con gli Stati Uniti è “ideale”, ma il Canada deve anche concentrarsi sulla costruzione di un’economia propria, che non dipenda più dal suo più grande partner commerciale. “Abbiamo bisogno di un piano a lungo termine per costruire la nostra fortezza economica in Canada, così non saremo mai più vulnerabili a questo tipo di minacce”. Poilievre ha aggiunto che se Trump andrà avanti con i dazi, un eventuale governo conservatore canadese sosterrà dazi di ritorsione che prenderanno di mira i beni statunitensi che il Canada produce o può reperire altrove. Infine, il leader dei Conservatori ha ricordato il programma di prestiti temporanei per le aziende colpite dai dazi, per mantenere i loro dipendenti al lavoro durante la controversia commerciale con gli Usa.

Yves-F. Blanchet, leader del Bloc Quebecois, ha dichiarato, via-social, che “per affrontare Trump dobbiamo essere in numero superiore alla popolazione americana ed al PIL americano. L’economia canadese da sola non ha il peso. Dobbiamo allearci con il Messico, i Paesi europei…”. Poi, parlando in una chiave più sovranista, ha ricordato che “il Quebec, attraverso il suo voto, può imporre a Trump, Carney o Poilievre le condizioni della sua economia, delle sue risorse, del suo genio, della sua energia, delle sue regioni, della sua lingua e della sua identità”. E, a proposito di lingua e della legge quebecchese a tutela del Francese, ha aggiunto: “…a Donald Trump e Mark Carney non piace la nostra legge sulla lingua? Conviveranno con essa. Né la nostra esistenza né la nostra identità sono negoziabili”.

Il leader dell’NDP, Jagmeet Singh, ieri a Winnipeg, ha assicurato che il suo partito è “pronto a reagire” ai dazi degli Stati Uniti. “Trump rappresenta una tempesta… i canadesi sanno come resistere a una tempesta”, ha detto Singh.

In alto: Pierre Poilievre, ieri a Toronto (screenshot da Twitter X – @PierrePoilievre)

Fuori un altro candidato dei Conservatori

VANCOUVER – Il candidato conservatore Lourence Singh, che era in corsa nella circoscrizione di New Westminster-Burnaby-Maillardville, in British Columbia, non si candida più alle elezioni federali: si tratta della terza uscita di scena di un candidato del partito di Pierre Poilievre nel giro di tre giorni.

Un portavoce dei Conservatori ha confermato l’uscita di Singh con una breve dichiarazione, frase martedì sera, senza però spiegato il motivo che c’è dietro il suo ritiro dalla corsa. “Il signor Lourence Singh non sarà un candidato per il Partito Conservatore”, si legge nella dichiarazione.

Singh si unisce dunque agli altri due candidati conservatori usciti dalla competizojne elettorale: Mark McKenzie di Windsor-Tecumseh-Lakeshore in Ontario e Stefan Marquis di Laurier-Sainte-Marie a Montréal, in Quebec. Marquis sarebbe stato espulso per alcuni post sui social media nei quali avrebbe promosso teorie cospirative, come quella secondo cui Bill Gates starebbe cercando di manipolare la salute pubblica, a scopo di lucro, attraverso i vaccini e quella secondo cui l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia sarebbe stata “provocata” dall’espansione della Nato. McKenzie, invece, è si era lasciato andare ad alcuni commenti pesanti sull’ex primo ministro Justin Trudeau in un podcast nel 2022. Ora è la volta di Singh, ma il motivo – almeno fino a ieri pomeriggio – non è stato reso noto.

Dall’altra parte, fra i Liberali, è invece uscito dalla corsa, l’altro ieri, il deputato uscente Paul Chiang (distretto di Markham-Unionville) in seguito alla bufera scatenata dalle sue dichiarazioni sull’avversario conservatore, Joe Tay. In un’intervista con i media in lingua cinese, Chiang aveva suggerito che Tay dovesse essere consegnato al Consolato Cinese di Toronto: l’anno scorso, la polizia di Hong Kong aveva offerto una ricompensa di 1 milione di dollari per informazioni che portassero all’arresto di Tay per “violazioni della legge sulla sicurezza nazionale”, in riferimento al fatto che Tay è sempre stato un critico esplicito delle violazioni dei diritti civili di Hong Kong.

Nella foto sopra, Lourence Singh (da Twitter X)

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