PARIGI – Un individuo mascherato, con indosso una parrucca, usando una sedia a rotelle attraversa indisturbato il museo del Louvre, arriva di fronte alla Gioconda di Leonardo da Vinci e, come in una vecchia commedia slapstick, scaglia una torta alla panna contro il quadro.
Mentre gli addetti alla sicurezza lo trascinano via, l’attentatore dolciario urla che lo ha fatto per ambientalismo, in segno di protesta contro “chi vuole distruggere la terra”. Il dipinto, ovviamente, non ha subito nessun danno, essendo protetto da un vetro antiproiettile: è bastato uno straccio per pulire i residui di crema e in pochi minuti ogni traccia dell’accaduto è stata eliminata. Il video dell’episodio è diventato immediatamente virale, rimbalzando tra telegiornali, social, commentatori di tutto il mondo; ma adesso, a due settimane di distanza, tutti sembrano aver completamente dimenticato la faccenda. In effetti, da un certo punto di vista, si tratta di una storia molto banale, già vista e rivista.
Non è la prima volta, infatti, che la Gioconda è vittima di attacchi simili, anche se probabilmente questo è stato il più surreale. Nel 2009, una donna russa aveva lanciato una tazza di tè, come atto di protesta contro il governo francese che non aveva voluto concederle la cittadinanza (anche lì, la tazzina semplicemente si frantumò contro il vetro). Nel 1976, mentre il quadro era in prestito a Tokyo, una donna vi versò della vernice, in polemica contro i problemi di accessibilità di quel museo (di nuovo, nessun danno, ma da allora la Gioconda non esce dal Louvre).
Nel 1956, uno spruzzo di acido e poco dopo il lancio di una pietra arrecarono lievi danni al dipinto, e portarono alla decisione di introdurre il vetro antiproiettile.
Si tratta in tutti i casi di attacchi molto blandi: nulla a che vedere, tanto per fare un esempio famoso, con l’assalto alla Pietà di Michelangelo custodita al Vaticano nel 1972, quando uno squilibrato armato di mazzuola prese a martellate il volto della Madonna, che rimase seriamente sfigurato, richiedendo un delicato intervento di restauro in cui si applicarono schegge del materiale originale miste a una polvere di marmo (anche in quel caso, si è deciso da allora di prendere misure per tenere la preziosa scultura a distanza di sicurezza dal pazzo di turno).
La Gioconda, però, tiene sicuramente il record di incidenti, eseguiti con i mezzi più diversi. In un certo senso, è quasi un complimento: il capolavoro di Leonardo è bersaglio privilegiato per attacchi di questo tipo perché è diventato nel tempo l’opera d’arte per eccellenza. Di qui anche le innumerevoli parodie, come “L.H.O.O.Q.”, la famosa Monna Lisa con baffi e pizzetto di Marcel Duchamp (realizzata su una semplice riproduzione fotografica del quadro), e prima ancora la “Gioconda che fuma la pipa” di Eugène Bataille, del 1883.
Ma da dove viene tutta questa notorietà? Perché certo, la Gioconda è un’opera inestimabile, ma, da un punto di vista prettamente artistico, i critici tendono a non considerarla neanche il migliore dipinto di Leonardo (tra l’altro non tutti sanno che, come molte opere leonardesche, il ritratto è incompiuto, mancando dei ritocchi nello sfondo): sempre al Louvre, per esempio, è custodita la “Vergine delle rocce”, quadro ben più complesso ma perlopiù ignorato dai turisti.
In realtà la fama internazionale della Gioconda si deve in gran parte a un altro famoso incidente: il suo furto nel 1911. Il dipinto, misteriosamente scomparso (e per due giorni nessuno ne notò l’assenza), rimase disperso per ben due anni; e tanto per rimanere nel campo dello scandalo artistico, la polizia inizialmente sospettò del poeta e pittore francese Guillame Apollinaire e nientedimeno che di Pablo Picasso. In realtà, alla fine venne fuori che il ladro era un operaio italiano, Vincenzo Peruggia, che lavorava nel museo e un giorno era semplicemente uscito con la preziosa tela nascosta nella giacca. A riprova del fatto che all’epoca la Gioconda non godeva della stessa notorietà di oggi, vale la pena ricordare che Peruggia all’inizio puntava a un altro quadro, la “Bella giardiniera” di Raffaello, e decise di ripiegare poi sul quadro di Leonardo semplicemente perché più piccol e quindi più facilmente trasportabile. Una volta arrestato, Peruggia dichiarò che il furto era motivato da ragioni patriottiche: avendo letto delle tante opere finite in Francia in seguito alle razzie di Napoleone Bonaparte, voleva restituire all’Italia almeno uno di questi dipinti (e infatti fu scoperto solo perché tentò di vendere il quadro a un collezionista italiano). Scelta basata sull’ennesimo equivoco: in realtà, anche se Napoleone ha effettivamente sequestrato durante le sue campagne italiane una miriade di opere d’arte, la Gioconda non è tra queste, ma fu lo stesso Leonardo a portarla in Francia vendendola al Re Francesco I. La leggenda della Mona Lisa rubata da Napoleone però è dura a morire, e alcuni dei nostri lettori forse ricorderanno che dopo la vittoria nella finale Italia-Francia ai Mondiali di calcio del 2006 uno dei cori più martellanti recitava “Ridateci adesso la nostra Gioconda / perché siamo noi i campioni del mondo…”.
Insomma, la torta in faccia alla Monna Lisa è solo l’ultimo tassello (per ora) in una lunga serie di fraintendimenti, crimini e follie varie. Certo, rimane da capire cosa possa mai legare un dipinto rinascimentale, un dolce alla crema e il riscaldamento globale. Sarà l’ennesimo mistero leonardesco: magari Dan Brown potrebbe tirarne fuori un nuovo romanzo.