Cultura

Musicista, attore e regista:
l’arte di Felder non ha confini

FIRENZE – I suoi personaggi sono protagonisti di produzioni e rappresentazioni teatrali; film come The Assembly, girato in Polonia con troupe italiana, Favole in musica nel Ghetto ebraico di Venezia, girato a Venezia; Chopin e Liszt a Parigi, altro film girato anche a Firenze, con una troupe tutta italiana e molti attori italiani: non solo il web è pieno di informazioni su un artista duttile come il canadese Hershey Felder, musicista che unisce sensibilità al suono alla bravura tecnica. Personaggio atipico nel mondo perché non classificabile solo come musicista, come siamo abituati, e non solo come attore, ancora una volta come siamo abituati. Ma che anzi, ama spaziare e spiazzare il suo pubblico continui – studiati? – colpi di scena che lo vedono protagonista sia al piano che davanti e anche dietro la macchina da ripresa.

Felder, la prima cosa che salta agli occhi è l’essere di fronte a un artista canadese che sceglie di trasferirsi a Firenze, Toscana, Italia: perché?
“Quando ero molto più giovane sono venuto in Toscana per far parte di un sogno, un sogno d’autore, per sperimentare il luogo in cui tanta parte della storia musicale si celebra ogni giorno, ogni sera, e che mi commuove. Questo è il luogo di eccellenza dove è nata l’opera, dove sono state inventate le note musicali e il pianoforte. Poi c’è la musica che è emanata dalla Toscana, da personaggi del calibro di Puccini – nato a Lucca. La domanda non è perché la Toscana?, la domanda è: perché non ci sono arrivato prima?”.

Una carriera trentennale alle spalle, e lei, difficile da spiegare. Perché è pianista ma anche attore e regista,  considerato uno dei musicisti più interessanti della sua generazione, con un approccio stilistico che sta sulla linea ideale che porta da Bill Evans a Keith Jarrett. Che effetto fa?
“Grazie per una valutazione così generosa. Di certo, la primissima volta che mi sono confrontato con Keith Jarrett o Bill Evans, che di solito sono i musicisti più classici, si passa a quello che poi faccio, cioè una combinazione di musica da concerto e recitazione da teatro. E’ un’insolita invenzione che le persone non hanno tentato nel corso degli anni, proprio perchè la mia è una combinazione insolita. Lavoro molto duramente, quindi spero a volte di riuscire a creare un’opera intera. Per quanto riguarda l’essere canadese, sono sempre stato molto orgoglioso della mia eredità canadese, ma sono di origine europea. Mio padre è nato in Polonia e mia madre in Ungheria, quindi sono nato in Canada, ma qui in Italia sono stato travolto dalle mie radici europee, ed è più o meno dove mi sento più a mio agio”.

Tra i suoi live più acclamati, un posto d’onore lo merita proprio “George Gershwin Solo”,  che ha presentato anche al Teatro Verdi di Firenze qualche tempo fa: è stato il suo primo concerto in Italia.
“È vero, George Gershwin Alone è stata la mia prima produzione internazionale. Avrà sempre un posto meraviglioso nel mio cuore, ed è stato eseguito dal vivo più di 3mila volte nel mondo. Avere eseguito il pezzo a Firenze la scorsa stagione, in italiano, è stato un vero onore, soprattutto perché le persone erano appena uscite dai blocchi del Covid. Sono stato contento di questo successo, in un certo senso liberatorio contro un momento bruttissimo per tutto il mondo. Questo concerto lo posso considerare un cavallo di battaglia ed è stato rappresentato in teatri di Broadway, Londra, Los Angeles, Chicago, San Diego, San Francisco, Boston, Philadelphia, Washington. Ma è solo una parte di una collezione molto più ampia. Ed eseguito tanto, in quanto era il primo. Tuttavia, anche le altre opere hanno centinaia se non migliaia di esecuzioni. E anche queste altre sono state apprezzate allo stesso modo dal pubblico”.

Dunque lei ha scelto di vivere a Firenze e anche da qui è riuscito a imporsi a livello internazionale come sceneggiatore, direttore e designer di numerosi spettacoli. Questo, diciamo, decentramento è stato facile?
“Non ho mai pensato alla mia felice residenza a Firenze come un decentramento, l’ho pensata più come una delle tele più belle del mondo in cui posso dipingere arte nuova e variegata e condividerla con il pubblico. Inoltre, non considero le cose facili o difficili. Procedo semplicemente nella pratica del fare. Ma considero quello che sono riuscito a creare, una combinazione di duro lavoro e molta fortuna in uno dei posti più belli del mondo”.

Da insegnante presso il Dipartimento di Musica dell’Università di Harvard a marito di Kim Campbell, prima donna Primo Ministro in Canada. Come concilia il suo volto internazionale con una scelta così radicale di residenza a Firenze, in controtendenza,quando tanti artisti cercano fortuna fuori dall’Italia? 
“Non sono sicuro di accettare bene l’idea che Firenze sia un luogo radicale in cui risiedere. Penso invece che sia il posto più naturale in cui risiedere. Il padre di mia moglie Kim, ha combattuto nella Seconda guerra mondiale qui in Italia e il suo migliore amico è sepolto a Ravenna. Il Canada è stato molto importante nella guerra essendo stato qui, prima che in altri Paesi come volontario. E dunque Firenze va alle radici di Kim. Il cimitero degli eroi di guerra canadesi è a pochi minuti da casa nostra. Kim è stata ambasciatrice al cimitero anche recentemente, nei giorni dedicati alla Memoria. Ed è anche una persona che parla della grandezza del Canada in ogni occasione non solo qui in Italia e in tutta Europa. Quanto a me, faccio solo il mio lavoro, quello di portare l’arte a un pubblico il più ampio possibile, che sia la storia di un artista fiorentino, quella di Dante, o la storia di pianisti e musicisti come Čajkovskij che visse e compose a Firenze per qualche tempo. E soprattutto, sono felice di creare arte in questo posto incredibilmente bello, e sento che è un tale onore, che sono sempre entusiasta di condividere le cose che scopro con i mecenati. Per questo spero un giorno arrivino in Italia. E se lo faranno e non l’hanno già fatto, scopriranno da soli tutta la sua magia”.

Felder, lei come si definisce?
“Mi definisco una persona che fa del suo meglio per essere gentile e contribuire al mondo per renderlo un po’ più bello. Se riesco in entrambi i casi, non sono sempre sicuro, ma l’importanza e la definizione sta nel fare il lavoro stesso. Penso che siamo gente in qualche modo diversa, ma unita dall’intelligenza e da una consapevolezza comune: in nome del linguaggio universale dell’arte e della musica”.

Titti Giuliani Foti

Titti Giuliani Foti (nella foto sopra) è una giornalista professionista italiana: per vent’anni referente per la cultura e gli spettacoli del quotidiano toscano La Nazione, Titti è critica teatrale, scrittrice, commentatrice e collaboratrice di testate nazionali italiane e importanti piattaforme web specializzate in teatro, arte e cultura

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