TRIESTE – Hanno risuonato le note di Respighi e questa volta non all’ombra dei pini di Roma bensì di quelli tergestini in un giugno che preannuncia un’estate ardente.
Era il giugno felsineo – probabilmente altrettanto caldo ed afoso – del 1908 quando ci fu un rendez-vous privato in casa della cantante Margherita Durante per eseguire ed ascoltare l’opera “Al mulino” di Ottorino Respighi (nella foto sopra, da Wikipedia), lavoro allora incompiuto nella strumentazione del finale del II atto. Il maestro ne fece anche una riduzione per canto e pianoforte rimasta inedita. E così le voci di Maria (soprano), Anatolio (basso), Nicola (basso), Aniuska (soprano) e molti altri sono rimaste silenti per più di cent’anni.
Silenti fino allo scorso 10 giugno, quando il teatro Verdi di Trieste ha portato sul palco, in tandem con “Pagliacci” di Leoncavallo, l’opera in due atti “Al mulino” in prima assoluta mondiale.
Con la partitura portata miracolosamente a compimento da Paolo Rosato – che ha ricostruito anche il libretto – il lavoro respighiano è stato efficacemente messo in scena con la regia, set e costumi di una delle figure emergenti della regia lirica italiana di questi anni, Daniele Piscopo, in uno spettacolo di grande effetto.
Piscopo, tra le note di regia, scrive che «quando un pittore si trova davanti a una tela bianca deve scegliere cosa fare, quali colori utilizzare, quale tecnica, quale soggetto e soprattutto quale messaggio vuole comunicare. In questo caso il soggetto lo offre il nostro Respighi, che attraverso le parole di Donini, compone un dramma dalle tinte cupe macchiato dal sangue della guerra.
Dare vita a un’opera che non ha mai risuonato in un teatro è una grande responsabilità».
Sotto la direzione della bacchetta del maestro Fabrizio Da Ros, questo giugno 2022 il cerchio si è chiuso e “Al mulino” di Respighi ha trovato finalmente una sua degna compiutezza.
Ci auguriamo ora che possa entrare a far parte dei cartelloni di molti altri teatri italiani e non solo.