TORONTO – Pressing su Justin Trudeau per le dimissioni, ma il primo ministro almeno per ora non è intenzionato a gettare la spugna. È questa la situazione a Ottawa, a due giorni di distanza dalla caotica rinuncia di Chrystia Freeland che ha portato il governo liberale sull’orlo della crisi. Ma fino a questo momento il primo ministro non vuole farsi da parte. L’emergenza è stata affrontata in fretta e furia attraverso la nomina alle Finanze di Dominic LeBlanc, fedelissimo di Trudeau, mentre la pausa invernale dei lavori parlamentari – da ieri fino al prossimo 28 gennaio – permetterà al primo ministro di vagliare tutte le opzioni che al momento coprono un ventaglio molto largo: dalle dimissioni al rimpasto di governo, passando per la “prorogation” che rappresenterebbe l’azzeramento della legislatura fino alla sua scadenza naturale, con il limite rappresentato dalle prossime elezioni in programma nell’ottobre del 2025.
Il pressing su Trudeau non arriva solamente dalle opposizioni, ma anche da un nutrito gruppo di parlamentari liberali che vorrebbero un cambio alla guida del partito per avere qualche chance di vittoria al prossimo appuntamento alle urne.
Ecco allora che rispunta fuori la famosa lettera già presentata nel caucus liberale ad ottobre, dove 24 deputati misero la loro firma alla richiesta di dimissioni del primo ministro.
Ebbene, in questi ultimi due giorni il numero dei ribelli sarebbe lievitato a dismisura, raggiungendo e superando quota 60. Ma anche in questo caso, sono davvero in pochi a voler uscire allo scoperto: di questi 60, sono appena 5 i parlamentari liberali che hanno annunciato pubblicamente la loro contrapposizione al leader grit, chiedendo il passo indietro.
E dai sondaggi, tanto per cambiare, arrivano brutte notizie. Dopo la batosta alle suppletive in British Columbia – la terza sconfitta nelle byelections del 2024 – i liberali registrano l’ennesimo tracollo, che non ha precedenti negli ultimi otto anni. Secondo Abacus Data, che ha realizzato il sondaggio immediatamente dopo le dimissioni di Chrystia Freeland, se si votasse in questo momento i liberali sarebbe sotto di 25 punti percentuali rispetto ai conservatori. Il partito guidato da Pierre Poilievre, infatti, cattura il 45 per cento delle intenzioni di voto, mentre il Partito Liberale non va oltre il 20 per cento.
Alla precisa domanda sulla necessità di dimissioni di Trudeau, il 69 per cento del campione ha risposto affermativamente, il 19 per cento boccia questa ipotesi e il 14 per cento non si pronuncia. Dato interessante, il 26 per cento degli intervistati che si professa liberale vorrebbe le dimissioni del primo ministro.
La palla passa quindi alle opposizioni, che a partire dal 28 gennaio potranno sfiduciare Trudeau, Jagmeet Singh permettendo. A meno che il primo ministro non decida, approfittando dello stop del parlamento, di gettare la spugna e farsi da parte prima del voto alla Camera.