La scivolata, blue Monday, neve e vino cotto

di corriere canadese del 23 January 2019

TORONTO - Prima neve, prima scivolata, prima santiata.

“Statti accuorto, stai attento che si scivola”, una vocina ammonisce. Io ci provo a starmi accorto. Procedo come i guidatori della domenica, pian pianino, sempre al centro della strada, occupando le due carreggiate.

Dal portone a Genoeffa (tutte le mie auto le battezzo con il nome della secchiona compagna di liceo che di tanto in tanto mi faceva copiare i compiti) ci sono tre metri, forse quattro.

Avanzo col destro - fare il primo passo col sinistro porta sfiga - e tutto sembra ok. Ma quando provo a spostare la zampa mancina, quella destra mi tradisce, perde il contatto con la neve e qui cominciano i guai.

Prima decollo e traballo imitando un cristiano che ha alzato anche il gomito sinistro dopo aver esaurito il destro.

Ondeggio come un ballerina di un quintalo e mezzo e mi attacco all’antenna dell’auto. La quale antenna non ha il compito di fare il salvagente, si piega fino a rompersi ma aiuta di quel poco che basta per farmi cadere di faccia e non di culo, pardon di sedere.

Nella neve mi ci ritrovo col naso. La botta è di quelle che fanno un male boia.

Sulla faccia ho qualcosa di bagnato, ma non sono lacrime perchè io sono n’ommo, un cristiano, tosto. È la neve, anzi è un qualcosa che assomiglia a quello che ci inventavamo nel Bel Paese le poche volte che dalle mie parti nevicava.

Allora era il Sorbetto dei poveri in canna, fatto in cortile con vino cotto e neve fresca. Ora al posto del vino cotto c’è il sangue che mi cola dal naso. Santio un poco, più per abitudine che per altro.

Intanto faccio l’inventario dei danni. Del naso ho già detto, e mi sa che se mi viene da starnutire saranno cosi amari per usare il “maccaturo”, napoletano per fazzoletto da naso.

Gli occhiali, nella botta, non si sono rotti, ergo i bolbi oculari sono salvi, ci vedo, poco, ma ci vedo ancora. Dai gomiti e dalle ginocchia, intanto, arrivano degli SOS, segnali di soccorso inviato dalle giunture.

La qualcosa mi fa ricordare un vecchio episodio di quando provavo a giocare calcio organizzato. Quella volta un rognosissimo centromediano, allora di chiamavano così i difensori centrali, mi ammollò una zampata al ginocchio destro con l’intenzione di spaccare la rotula e fracassare il menisco.

Io fui fortunato nello schivare in parte la zampata, lui no. Poco dopo, in mischia susseguente ad un corner, gli ammollai una gomitata che gli rifece il profilo, abboffandogli (gonfiandogli) la faccia e facendogli cadere un paio di denti.

Tornando al presente, mi fa male anche il padiglione auricolare mancino, forse ho strusciato, sfiorato, la famosa antenna, ma è cosa da niente.

Tutto sommato mi accorgo di essermela cavata senza troppi danni. Fossi cascato di culo, pardon, di sedere, avrei rischiato di sbattere la capoccia e di mettere fuori livella la schiena.

Come sia o come non sia, salgo su Genoeffa per farmi portare al giornale e subito la radio mi informa del perchè la mia giornata sia cominciata storta.

‘This is Blue Monday’, dice il radioparlatore con l’intonazione di uno schiattamuorto (becchino).

Questo benedetto, o maledetto se volte, blue monday è universalmente riconosciuto come il giorno più triste dell’anno.

Come in molti, forse sapranno, “blue” per i mangiachecche non indica soltanto il colore, ma lo stato d’animo legato alla tristezza.

Letteralmente, quindi, il Blue Monday è il Lunedì Triste, così chiamato perché il giorno più triste dell’anno. Triste non vuol dire sfortunato, ma, a mio parere, ci va vicino.

L’avvessi saputo dal momento di mettere il nasino, o nasone fate voi, fuori di casa avrei toccato ferro e proceduto all’antico rito della sgrullata agli strangugliones.

L’ignoranza a volte, si paga, come nel caso di cui sopra. Ma almeno mi sono ricordato, e vi ho ricordato, del vino cotto e di quando la nostra vita era più fresca, più semplice e probabilmente più bella.

A questo punto m’è venuto lo sfizio di fare concorrenza a Teresina e dare a voi la ricetta di quel gelato fatto in casa, il sorbetto al vino cotto:
1) raccogliere la neve fresca dopo una lunga nevicata (almeno 24 ore), dallo strato superficiale che non contiene elementi atmosferici inquinanti.
2) eseguire l’operazione lontani da strade trafficate e prima che riprenda la circolazione degli autoveicoli.
3) spargere il vino cotto (succo di limone o caffè) con il medesimo gesto utilizzato per condire con l’olio.
4) mescolare con un cucchiaio fino a ottenere un colore omogeneo.
5) consumare rapidamente poiché, metterlo in frigo, lo farebbe ghiacciare o sciogliere.

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