
Non va troppo meglio ai portoghesi - un’altra comunità che ha contribuito in modo decisivo negli anni passati alla costruzione del Canada - che in un decennio hanno visto arrivare appena 5.439 immigrati, o ai polacchi, che superano di poco quota 10mila.
A livello macroregionale, il Sud dell’Europa - Italia, Grecia, Portogallo e Spagna - continua a perdere terreno (in tutto 13.396 nuovi arrivi) così come i Paesi dell’Est europeo (21.511), mentre continuano ad aumentare in modo significativo gli immigrati che provengono dalle ex colonie inglesi e francesi (ben 409mila).
Meritano invece un discorso a parte i numeri relativi al 2015, che sono stati volutamente scorporati dalla somma della decade precedente perché a partire da quell’anno è entrato in gioco un nuovo elemento, capace di modificare gli equilibri generali: i rifugiati siriani, che nel 2015 hanno superato quota 9mila, per poi arrivare a 25mila l’anno successivo.
Nel 2015 le tendenze principali sono comunque state confermate, con le Filippine per il secondo anno consecutivo nettamente in testa (50.846), seguite dall’India (39.530) e dalla Cina (19.533, per il secondo anno di fila leggermente in flessione). A seguire, Iran, Pakistan, Stati Uniti e Francia, con l’Italia staccatissima al 53° posto (seppur con un aumento rispetto alla media dei 10 anni precedenti a quota 832), dietro tra gli altri a Nepal, Burundi, Tunisia, Somalia, Moldova e alla categoria degli Apolidi - persone senza cittadinanza - che arriva a 857.
Dopo il sostanziale immobilismo del precedente ministro John McCallum - immobilismo che probabilmente gli ha fatto perdere il posto - è necessario un cambio di marcia da parte dell’esecutivo Trudeau per arrivare a una riforma complessiva dell’Express Entry e degli altri meccanismi che negli anni di amministrazione Harper hanno penalizzato l’immigrazione dall’Italia.