Definire illegali lavoratori senza documenti è un equivoco
Definire illegali lavoratori senza documenti è un equivoco
Toronto – Ho avuto il piacere d’incontrare l’onorevole Ahmed Hussen, ministro responsabile per l’immigrazione e i rifugiati. Anche se non lo conosco, considerando ciò che si scrive di lui, si potrebbe facilmente concludere che, tutto sommato, sia una brava persona, stimabile e realizzato.
La sua storia, riguardo al suo ingresso in questo paese – da clandestino, senza istruzione, senza un sistema di supporto sociale per aiutarlo ad integrarsi, senza conoscenze linguistiche sufficienti a soddisfare gli standard burocratici per qualificarlo, senza controlli di sicurezza per calmare i timori di coloro preoccupati per i problemi sulla sicurezza – e conseguentemente “il traguardo” dei livelli più alti del governo, è fonte di ispirazione per tutti.
Qualcuno ha anche pensato che sarebbe la persona più adatta ad aiutare il Primo Ministro e la sua squadra di gabinetto a comprendere la differenza tra Immigrazione nell’ambito della politica demografica ed economica e l’Immigrazione come mera burocrazia procedurale. La sua “lettera di incarico” è abbastanza flessibile.
Di professione, egli è anche un avvocato specializzato sull’immigrazione.
Dovrebbe conoscere la differenza tra il variare le regole verso un cambiamento e semplicemente offire dei servizi (a pagamento) per “navigare il sistema” – mantenendo le cose come stanno, si potrebbe sostenere.
In tale caso, non sarebbe l’aspetto migliore che Hussen vorrebbe dare di se stesso.
La sua nota ufficiale di presentazione alla Camera dei Comuni lo cita, infatti, come attivista sociale, uomo d’azione: “Nel 2002, è stato il co-fondatore del Consiglio Comunitario di Regent Park per la quale zona assicurò 500 milioni di dollari per un progetto di rivitalizzazione”. Niente male.
Ma siamo ora nel 2018.
Il ministro Hussen sembra ritirarsi dalla promessa di un “Progetto Pilota” per “regolarizzare” – dare cioè uno status e una “permanenza” – alle tante centinaia di migliaia di persone con visto scaduto già presenti in questo paese.
Molte migliaia di loro, “lavoratori senza documenti” risiedono nel suo stesso distretto elettorale.
È quasi comprensibile.
Il progetto era stato di colpo avviato dal suo immediato predecessore, John McCallum, ora Ambasciatore in Cina.
Tipo molto prudente, che ha creato un Caucus sull’Immigrazione tra i parlamentari liberali con la speranza di essere informato, insieme al suo Dipartimento, sia sulle dimensioni del problema che sulle potenziali soluzioni, sulla base di una “raccolta di evidenze”.
Ora, sia Hussen, tanto il suo Dipartimento, negano l’esistenza di tale progetto, nonostante l’uso della parola “progetto” in sé e per sé, è un’ammissione che il programma non è stato ancora reso ufficiale nella struttura della burocrazia.
Hanno iniziato ad usare il termine “illegale” piuttosto liberamente per descrivere chi resta con visti scaduti e/o gli arrivi nel paese senza autorizzazione. Il coro nel caucus dell’Immigrazione ha cantato all’unisono.
In un’intervista del 6 aprile scorso alla radio CBC, il ministro Hussen – dopo aver descritto come insieme a tre altri parlamentari si sia dato da fare con successo, per attaccare quei soggetti, potenziali illegali, che varcano la frontiera dagli Stati Uniti, e come avrebbe proceduto ugualmente, faccia a faccia, con nigeriani pronti ad attraversare i confini con il Quebec – ha affermato che il Canada non avrebbe chiuso le porte a quelli che vorrebbero emigrarvi, ma solo a coloro che non fanno regolare domanda secondo la procedura ufficiale.
Sai, gli stessi già destinati ad essere tenuti fuori.
In quel momento non ha compreso l’ironia.
Lunedì scorso lo Star ha pubblicato l’opinione di due studenti in legge, Jesse Beatson and Kylie Sier, della Osgoode Hall Law School, che ritengono: “Entrare illegalmente non è un offesa nel Codice Criminale e non dovrebbe essere etichettata come tale. Parlare di illegalità tende anche a violare la presunzione di innocenza. Questo è un principio che dovrebbe riguardare anche l’etica del giornalismo”.
O l’etica dei politici e dei buracrati su tale argomento.
Perché il progetto pilota è stato trasformato in “programma da considerare” ad un programma inesistente dallo stesso Ministro e i suoi funzionari.
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