ROMA – Il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE) critica, per alcuni aspetti anche aspramente, le ultime iniziative del governo italiano in tema di cittadinanza. Sono molti, infatti, secondo il CGIE i punti quantomeno “discutibili” del decreto-legge e dei due disegni di legge che fanno parte del “pacchetto cittadinanza” adottato dal Consiglio dei Ministri venerdì scorso e comprendente un insieme di misure legislative proposte dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI). L’intenzione del governo, secondo quanto dichiarato in quell’occasione dal ministro e vicepremier Antonio Tajani, era quella di razionalizzare un sistema che presenta alcune “falle” che, negli anni, hanno favorito abusi o fenomeni di “commercializzazione” dei passaporti italiani, ed il CGIE non contesta questa finalità, che anzi condivide, bensì il metodo e le azioni scelte per raggiungere tale obiettivo.
È quanto è emerso ieri nel corso della conferenza stampa del CGIE, unica istituzione italiana che rappresenta non solo gli italiani, ma anche gli italodiscendenti, questi ultimi particolarmente colpiti dalle novità legislative, in particolare da quella che limita lo Ius Sanguinis a due generazioni: solo chi ha almeno un genitore od un nonno nato in Italia sarà cittadino dalla nascita, i bisnonni non “valgono” più. Inoltre, “i figli di italiani – leggiamo sul sito del governo italiano – acquisteranno automaticamente la cittadinanza se nascono in Italia oppure se, prima della loro nascita, uno dei loro genitori cittadini ha risieduto almeno due anni continuativi in Italia”.
“In tutto il mondo – ha spiegato ieri il CGIE – i nostri consiglieri, così come quelli dei Comitati degli Italiani all’Estero (i “ComItEs”), da venerdì 28 marzo, giorno di entrata in vigore del decreto-legge, sono impegnati nel confronto con le nostre comunità nel mondo, molto toccate dall’applicazione del Decreto-legge n. 36 “Disposizioni urgenti in materia di cittadinanza”, che ha determinato la sospensione della trascrizione degli atti di nascita da parte degli uffici anagrafici dei Consolati (anche quello di Toronto, infatti, ha dovuto sospendere il calendario di appuntamenti per cittadinanza per discendenza, ndr: l’annuncio è qui). La necessità di una riforma era evidente al CGIE, tanto che la sua trattazione era stata individuata quale priorità per l’agenda del primo semestre 2025 perché crediamo nel rafforzamento di una cittadinanza consapevole; l’attualità ha imposto un’accelerazione al processo, nel quale saremo coinvolti per fornire i pareri obbligatori previsti dalla legge. Già da lunedì 31 marzo il Comitato di Presidenza, riunito a Roma, ha avviato interlocuzioni in materia con il sottosegretario di Stato agli Affari Esteri, Giorgio Silli, il direttore generale della DGIT (Direzione Generale per gli Italiani all’Estero) del MAECI Luigi Maria Vignali, con le Commissioni Affari Esteri dei due rami del Parlamento e con i gruppi parlamentari per ottenere chiarimenti in merito e condividere le preoccupazioni manifestate dai propri rappresentati, anche in virtù dello strumento legislativo scelto”.
“Auspichiamo che nel percorso parlamentare di conversione in legge si apportino correttivi al provvedimento; in particolare, va sciolto il nodo relativo al requisito dell’ascendente cittadino italiano di essere nato in Italia o averci vissuto per almeno due anni continuativi prima della nascita del richiedente. Tale misura, unita alla limitazione alle due generazioni, diametralmente opposta alla normativa vigente fino a 24 ore prima, costituisce un cambiamento che non solo disorienta i connazionali nel mondo a causa dell’incertezza sul destino dei già nati, ma pone a rischio il futuro legame del Paese con le sue comunità all’estero”.
Durante la conferenza stampa, la segretaria generale del CGIE, Maria Chiara Prodi, ha ricordato che il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero è “portavoce degli italodiscendenti che venerdì scorso, in ventiquattr’ore, hanno assistito ad una rivoluzione copernicana del messaggio che l’Italia trasmette all’estero in merito all’italodiscendenza. Siamo stati spiazzati dall’uso dello strumento del decreto-legge e direi che siamo in ottima compagnia: pensiamo ai genitori che hanno un figlio appena nato, vanno in un Consolato Italiano per trascrivere l’atto e restano ‘in sospeso’. È una situazione che disorienta, a ragione, e lo rileviamo con preoccupazione. E crea confusione, tensione: pensiamo, ancora, a famiglie che magari hanno un figlio italiano ed un altro figlio che invece non sarà italiano perché nascerà questa settimana, dopo quel decreto-legge”.
L’obiettivo del CGIE è quindi, adesso, quello di avviare una serie di confronti con il governo per cercare di apportare delle correzioni e dei miglioramenti ai passaggi più controversi, e per certi versi confusi, del “pacchetto cittadinanza”. Un primo appuntamento è stato fissato, proprio ieri, per l’8 aprile, quando il CGIE sarà ascoltato dalla commissione parlamentare competente in materia.
Altro servizio qui: “Avremo dei figli desaparecidos che non potranno essere registrati ad un’anagrafe italiana…”
Nella foto in alto, da sinistra: la vicesegretaria generale per i Paesi anglofoni extraeuropei, Silvana Mangione, e la segretaria generale del CGIE, Maria Chiara Prodi, durante la conferenza stampa di ieri (foto/screenshot: Marzio Pelù – Corriere Canadese)
More Articles by the Same Author:
- Singh, nessuno mai peggio di lui: per l’NDP il peggior risultato di sempre
- Arte, musica e poesia: la polifonia di Del Nero
- Le tradizioni italiane in via di estinzione immortalate da Cindi Emond tornano in scena a Toronto
- Elezioni Federali, vincono i Liberali. Disastro NDP, Singh lascia
- Papa, “extra omnes” il 7 maggio