
Le novità. Cambia la composizione demografica della provincia e cambiano anche il numero e le composizioni dei distretti elettorali. Alle scorse elezioni del 2014 i seggi a disposizione erano 107, con l’imperativo categorico per i partiti di arrivare a quota 54 per assicurarsi la maggioranza assoluta a Queen’s Park. Nel 2018, invece, i seggi in palio saranno 122, ben 15 in più: chi punta ad avere un governo di maggioranza nell’assemblea legislativa provinciale, dovrà per forza di cose raggiungere il numero magico 62.
Un’altra sostanziale differenza rispetto al passato è rappresentata dalla rivoluzione sul finanziamento ai partiti. A partire dallo scorso gennaio, il governo ha messo al bando le donazioni ai partiti politici da parte delle grandi aziende e dei sindacati, prassi che invece prima era permessa. In vista di queste elezioni saranno permesse, quindi, solamente donazioni personali che però non potranno superare i 3.600 dollari all’anno. Il nuovo modello, tuttavia, ha attivato una nuova forma di entrata per la politica, quella del finanziamento pubblico: ogni partito, in sostanza, riceve annualmente 2.71 dollari per ogni voto ricevuto nella precedente consultazione elettorale.
Il Partito Liberale. I liberali in Ontario sono al potere dal 2003, quando l’allora leader del partito Dalton McGuinty sconfisse alle elezioni il conservatore Ernie Eves e il neodemocratico Howard Hampton. Da allora i grit hanno vinto le elezioni del 2007, del 2011 e del 2014, queste ultime sotto la guida di Kathleen Wynne. Il partito della premier, dopo un periodo difficile nei sondaggi, è tornato prepotentemente in corsa per la riconferma nel 2018 e questa anche grazie a un evidente cambio di marcia nell’azione di governo che ha portato all’approvazione del pharmacare universale per gli under 24, alla riforma del lavoro con la paga minima a 15 dollari all’ora dal 2019, all’assistenza all’infanzia universale, al taglio delle costi energetici per le famiglie del 25 per cento e al pacchetto di misure per raffreddare il mercato immobiliare nella Gta. Il rischio principale per la premier è che l’elettorato dell’Ontario, dopo quasi 15 anni di governo liberale, possa optare per un fisiologico cambiamento nel nome del principio dell’alternanza.
Il Progressive Conservative. Ed è proprio sulla possibile voglia di cambiamento degli elettori che Brown vuole fare leva per arrivare al potere. Negli ultimi mesi i sondaggi lo danno come candidato premier da battere, anche se resta da stabilire quale sarà l’impatto in termini di consenso delle ultime riforme dell’esecutivo liberale. Per i conservatori il rischio principale è rappresentato, almeno per ora, da una disarmante pochezza programmatica - basta pensare che, dopo mesi di polemiche, Brown non ha ancora presentato la sua alternativa al piano energetico delle premier, mentre il suo giudizio sulla riforma della paga minima è stato un interlocutorio “vedremo” - dalle polemiche sulle nomination contrastate e dalla presenza di alcuni candidati francamente impresentabili nominati grazie al passo indietro dei loro avversari.
L’Ndp. Nell’area progressista Andrea Horwath cerca di rinserrare le fila e di rimettere le mani nella piattaforma programmatica del partito, dopo essere stata scavalcata a sinistra dal governo sulla rivoluzione dei farmaci e sulla paga minima. Per ora i sondaggi sono abbastanza incoraggianti, ma il rischio principale è che l’elettorato di centrosinistra finisca per premiare le riforme della Wynne.