L’Italia, per ora, ha messo a disposizione solamente un numero limitato di militari che però non stanno al fronte: sono impegnati infatti nell’addestramento delle forze di sicurezza irachene e nella difesa della preziosa diga a 38 chilometri da Mosul. Con i suoi 1.500 soldati che fanno parte della missione Prima Parthica, l’Italia ha il secondo contingente più numeroso in Iraq nella missione a guida Usa, dietro solamente agli americani.
Nonostante la possibile richiesta del presidente americano, appare molto difficile che Gentiloni possa garantire uno sforzo maggiore sul suolo iracheno. Il premier italiano non sembra intenzionato a cambiare le modalità della partecipazione italiana alla coalizione. Inoltre l’Italia ha già stanziato all’estero militari in Libia, in Afghanistan, in Libano e nei Balcani.
Di sicuro Gentiloni garantirà il pieno appoggio italiano al pressing americano sul regime di Assad. E nel contributo italiano alle operazioni americane è contenuto anche l’utilizzo delle basi Usa in territorio italiano - 59 tra basi navali, militari, aeree, istallazioni e centri addestramento - che ospitano tuttora più di 11mila militari statunitensi.
Ma il vertice di domani alla Casa Bianca può anche essere visto come una tappa intermedia verso il summit G7 di Taormina, in programma nella cittadina siciliana il 26 e il 27 maggio. Trump, da quando è stato eletto alla presidenza, si è già incontrato con tutti i leader dei Paesi G7 - Regno Unito, Germania, Giappone, Canada - eccetto il presidente francese Francois Hollande, tenendo conto del fatto che la Francia tra cinque giorni andrà alle urne. All’appello mancava solo Gentiloni. Il premier italiano, dopo il meeting con Trump, si incontrerà il 21 aprile a Ottawa con il primo ministro canadese Trudeau.