Cultura

Arriva un film “High Concept”, ma in stile italiano

TORONTO – L’ultimo film di Davide Minnella Fuori la verità viene definito un film “high concept” in Italia e come un “approccio fresco” al cinema. Il film è stato recentemente proiettato al Festival del Cinema di Roma e uscirà nelle sale il 6 novembre. Ma alcuni suggeriscono che potrebbe benissimo demarcare una nuova era del cinema italiano. Il tempo lo dirà, ma si tratta di un notevole allontanamento dal tipico approccio narrativo italiano, marchio di fabbrica dei maestri neorealisti italiani degli anni ’40.

Fuori la verità racconta la storia di una famiglia di cinque persone, che svelano i loro segreti alla televisione nazionale per un premio di un milione di euro. Offerto un milione di euro in cambio delle loro confessioni incriminanti in onda, accettano di rischiare la santità della loro famiglia e della loro reputazione per denaro.

Si tratta di un reality show su pellicola, che mette in evidenza l’era dell’esposizione mediatica e la nostra ossessione per la vita privata degli altri. Ma cosa rende questo un film “high concept“?

Il termine “high concept” è stato coniato dai dirigenti della Paramount Pictures negli anni ’70, Barry Diller e Michael Eisner, rispettivamente il presidente e vice presidente. Usavano il termine per descrivere progetti con un gancio unico che poteva essere lanciato con una frase.

L’idea era quella di ampliare il pubblico per garantire l’interesse degli investitori. Film semplici basati sulla trama che potrebbero essere facilmente commercializzati. Il duo fondamentale ha prodotto film come Grease, Indiana Jones, Star Trek, e La febbre del sabato sera.

I film italiani, al contrario, si concentrano principalmente sulla storia e sul personaggio. Che fosse dovuto a vincoli di budget o a un diverso approccio alla narrazione, i film italiani hanno privilegiato il realismo rispetto all’artificio.

Il pubblico italiano – a partire dagli anni ’40 – si è abituato a guardare film con strutture episodiche sciolte, dialoghi colloquiali e un lavoro di macchina da presa invadente. Film che, nel bene e nel male, privilegiavano il realismo rispetto allo spettacolo.

È stato un approccio che ha creato decenni di film classici e spesso ha ispirato alcuni dei migliori registi di Hollywood – Cassavetes, Kazan e Scorsese per citarne alcuni.

Eppure quello di Minnella Fuori la verità rispecchia l’approccio hollywoodiano e può infatti ispirare registi della penisola con sensibilità simili. Come Diller ed Eisner che si sono fatti le ossa come direttori di programmi alla NBC e alla CBS, Minella ha lavorato per 25 anni come autrice televisiva, lavorando in reality e talent show.

“Mi è stato affidato il compito di raccogliere le testimonianze delle persone che sarebbero entrate nello studio televisivo. Mi sono trovato di fronte a persone che hanno messo la loro vita nelle mie mani”, ha spiegato Minella al Festival del Cinema di Roma.

“Allora mi sono chiesto, cosa succederebbe se li mettessi in uno studio televisivo e dicessi loro, di fronte a un milione di euro, sareste disposti a dire la verità?”. Con questa domanda, è nato il suo film “high concept“.

Immagini per gentile concessione di PiperFilm    

Massimo Volpe, autore di questo articolo, è un filmmaker e scrittore freelance di Toronto: scrive recensioni di film/contenuti italiani su Netflix

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