Il Commento

Il Signore dà e il Signore toglie

TORONTO – Per otto mesi Donald Trump è stato preso a calci dai media mainstream – qui, là e ovunque. C’è stata così tanta carenza di diatribe, giustificate o meno, che ora, “senza misericordia”, lui sta lentamente, ma inesorabilmente, respingendo il movimento della controcultura, apparentemente inarrestabile, finora, di questo decennio.

In questo processo, ha dato vita a una metodologia del processo decisionale che si rifà a una razionalità che mette in discussione la saggezza del “cambiare tanto per cambiare”.

Piaccia o no, Trump ha ristabilito il primato degli Stati Uniti nell’ordine mondiale. A rischio di apparire campanilisti e disinteressati a questioni che dovrebbero essere di interesse per tutti noi canadesi, gli Stati Uniti ci hanno allontanato dalle questioni che portano conseguenze economiche internazionali, per le nostre decisioni sovrane allo “sviluppo” e all’impatto militare nel campo della pace e della sicurezza.

Il loro ambasciatore in Canada ha detto “avete sopravvalutato il merito della vostra posizione, e ritorneremo a voi quando conviene” sulle tariffe e sulla spesa per la Difesa.

Nel frattempo, il Canada sarà invitato solo come parte di un invito più ampio… questo non include la Cina, un paese che sembriamo determinati ad allontanare.

Gli Stati Uniti hanno strutturato un incontro con la Russia per risolvere il conflitto Russia-Ucraina. Evidentemente senza nemmeno suggerire che noi avessimo interessi.

La seconda parte di quell’incontro riprende con i partner della NATO e con l’Ucraina che si riuniscono per una “consultazione” prima delle prossime discussioni Putin-Trump su come e quando la stabilità sarà ripristinata (e definita) nell’area.

A meno che non stiamo prestando attenzione, il prezzo dell’adesione espresso in termini di spese militari in percentuale del PIL è salito dal 2 al 5 per cento. Per il Canada, il cambiamento effettivo è passato dall’1,4% al 5%, con un aumento del trecentocinquanta per cento di dollari in assoluto. Una conseguenza brutale del gioco del poker è che “se non paghi, non giochi”. Il Canada sta lì per ascoltare.

Gli altri “partner” intorno al tavolo ci forniscono collettivamente un valore di mercato commerciale di circa il 25% rappresentato dal commercio bidirezionale con gli USA. Gli europei non sono stati insensibili ai propri interessi, e altre nazioni, emergenti e non, non sono meno pragmatiche.

La scorsa settimana i canadesi (e quei partner sopra) hanno “appreso” che l’85% dei loro prodotti (successivamente rivisto al 95% dai funzionari canadesi) sono effettivamente esenti da dazi. Non sono molte le nazioni europee che “sentiranno il nostro dolore”.

Oggi, in questo contesto, gli elettori del collegio elettorale di Battle River-Crowfoot in Alberta decideranno se l’attuale leader dell’Opposizione ufficiale si guadagnerà il diritto di andare a Ottawa per affrontare alcune di queste questioni o meno.

I duecento+ ideologi, che pretendono di difendere i principi democratici mettendo il loro nome su una scheda elettorale, potrebbero ben dimostrare il loro punto.

Spero che non contribuiscano allo sbiadimento del Canada verso l’irrilevanza.

In alto, il presidente russo Vladimir Putin ed il presidente americano Donald Trump (foto: Casa Bianca); qui sotto, Donald Trump e Giorgia Meloni (foto: Presidenza del Consiglio dei Ministri)

 

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